Pupazzi che si trasformano in personaggi dei videogiochi, nella cui «mente» di plastica è celata una memoria tramite la quale essi ricordano l’esperienza che accumulano nel favoloso mondo virtuale in cui si svolgono le loro avventure. È un momento straordinario quello in cui si posiziona il giocattolo Skylander sulla pedana di plastica luminosa collegata alla console e lo si vede comparire sullo schermo, pronto ad essere controllato, una trasfigurazione da materia a pixel che risulta ancora più stupefacente se la si vede riflessa negli occhi di un bambino, per il quale possiede davvero qualcosa di magico.

«Dare vita ad un giocattolo è una fantasia universale dell’infanzia», ci ha detto Guha Bala, cofondatore di Vicarious Game che ha realizzato Skylanders Swap Force e si è occupato della versione per tablet del nuovo Skylanders Trap Team, «i bambini lo fanno da sempre con la loro immaginazione, ognuno di noi l’ha fatto. Così il team di creativi di Toys for Bob realizzò che avrebbe potuto spingere questa fantasia verso un livello del tutto nuovo con Skylandere Spyro’s Adventure, il primo episodio. Questa serie permette ai bambini di iniziare a giocare con dei giocattoli in mano per poi proseguire le loro avventure in un videogioco pieno di sfide e enigmi. Infine essi tornano alla realtà per continuare a giocare con la loro fantasia».

È proprio questa la malia che le creature inventate da Toys for Bob per Activision esercitano sui bambini, così come su molti adulti appassionati di videogiochi: l’esistenza di un pupazzo che trascorre da un universo fittizio alla realtà senza perdere il suo corpo quando l’hardware viene spento, qualcosa che si può usare anche dopo come motore di personalissime epopee fantastiche o come oggetto da collezionare insieme ai cimeli del proprio passato videoludico. «Il pupazzo degli Skylanders prima ispira l’immaginazione grazie alla sua figura unica e alla sua posa eroica», prosegue Guha Bala, «poi gli si dona la vita in maniera sorprendente nel videogioco, una cosa che consente ai bambini di fare propria quell’esperienza per trasportarla successivamente nei propri disegni e nei propri giochi lontano dal videogame. Questo ciclo di giocare nel mondo, poi nel videogioco e viceversa è la chiave del mondo Skylanders».

Ogni puntata di Skylanders apporta alla serie novità ludiche e strutturali, così ecco che Trap Team, per console nuove e «vecchie», ci offre la possibilità di intrappolare i nemici dentro cristalli magici legati agli elementi naturali che regolano l’ecosistema del gioco. Inserendo una trappola nel portale il mostriciattolo nemico viene imprigionato al suo interno e lo sentiamo mormorare e ciarlare. Si può anche utilizzare in battaglia come alleato, alternando la sua presenza a quella dello Skylander.

Qui tuttavia emerge il meccanismo commerciale che rende queste avventure un tesoro per Activision poiché, sebbene sia possibile finire il gioco con un solo Skylander (il pacchetto di base offre due pupazzi e due trappole), per completarlo al 100% bisognerebbe avere almeno un esemplare di Trap Master per ogni elemento e lo stesso vale per i trabocchetti. Quindi se il pargolo li vuole tutti, e un bambino è facile che li desideri, la spesa totale diventa elevata. Ma il prezzo di uno Skylander, quindici euro in media, è simile se non inferiore a quello di tanti pupazzi «senza anima» disponibili sul mercato e il loro carisma li rende appetibili, considerato inoltre che non diventano obsoleti ma possono rammentare le abilità ottenute nel prossimo videogame.

Gli Skylanders sono l’evoluzione delle action-figure che George Lucas volle fare produrre negli anni ’70 per Star Wars, oggetti che fecero giocare e sognare migliaia di bambini nell’attesa del nuovo episodio e chi scrive, come i milioni ormai adulti che hanno trascorso l’infanzia con Guerre Stellari, li conserva ancora gelosamente. Gioie e dolori del merchandising e del collezionismo.
I nuovi esemplari di Trap Team sono tra i più affascinanti comparsi nella saga, meraviglianti chimere nate dalla fusione tra più immaginari: il corpulento e azzurrino Gusto con il suo grande boomerang, l’animalesco samurai Wallop armato di enormi martelli di pietra, l’egiziano e cavalleresco Krypto King che brandisce uno spadone, il fiammeggiante e leonino Wildfire, Chopper il piccolo tirannosauro-robot munito di eliche, il vegetale e arruffato Food Fight che spara pomodori… Bisognerebbe stilare un complesso bestiario nello stile di quei fantastici tomi medievali per elencarli tutti.

Oltre la sua «giocattolosa» bellezza Skylanders Trap Team, come i suoi predecessori, è un videogioco confezionato con amore e arte, così che risulta perfetto da giocare in compagnia di un bambino – cosa che un adulto dovrebbe comunque sempre fare – per condividere emozioni ludiche, divertimento, panorami meravigliosi e trionfi. E, se ci sono genitori che non hanno mai videogiocato, Skylanders è un ottimo punto di partenza per vivere qualcosa di nuovo con i loro figli comprendendo e conoscendo la loro passione, non correndo così il rischio di scovarli a giocare con Grand Theft Auto V, capolavoro rigorosamente vietato ai minori per ovvi motivi, perché uno zio l’ha regalato a natale senza sapere nulla dei contenuti e considerando una sciocchezza non degna di nota l’indicazione della fascia d’età sulla copertina. Solo chi ignora l’universo dei videogiochi alimenta una fruizione sbagliata di questi, soprattutto da parte dell’utenza dei minori.

È ora che gli adulti ignari comprendano che i videogame sono una forma d’intrattenimento fondamentale e condivisa tra le nuove generazioni; soprattutto è necessario realizzare che non fanno male, come non può nuocere la visione di un film di due ore al cinema se questo la merita. Senza incorrere nei facili allarmismi in stile rotocalco televisivo, dello stesso tipo di quelli rivolti il secolo scorso ai cartoni animati giapponesi, è quindi opportuno che il genitore conosca i videogiochi affinché possa avere un atteggiamento consapevole e critico verso questo medium ancora tanto sconosciuto e incompreso.

È scontato che i videogiochi non debbano essere l’unica attività di un bambino e che il tempo trascorso davanti allo schermo non sia eccessivo ma, ci dice Guha Bala, padre di tre figlie: «i videogame sono un elemento stimolante attraverso il quale i bambini possono maturare un pensiero logico.» Vale la pena di ricordare ciò che successe a Bologna all’autore, quando collaborò all’organizzazione in un parco cittadino di una sessione videoludica pubblica proiettata su grande schermo. Un bambino di sei anni pianse perché non poteva giocare ad Assassin’s Creed o Grand Theft Auto, giochi sbirciati nella stanza del fratello maggiore. Lo feci giocare a quell’indimenticabile viaggio dell’anima che è Journey, a lui sconosciuto, e ci trascorse più di un’ora commosso dalla sua poesia, dalla sua profondità e dalla naturale immediatezza della giocabilità. I bambini non meritano solo giochi da bambini, ma giochi universali.