Quel «derby fra euro e dracma», quella scommessa sui sì lanciata da Renzi alla vigilia del referendum greco era piaciuto a pochi nel Pd? Lo si scopre solo adesso che quel derby è stato giocato e che l’ha stravinto Tsipras. E che di nuovo, dopo le regionali e le amministrative, la parola sconfitta si associa pericolosamente al volto del premier. Ieri, mentre Renzi e il ministro Padoan mettevano a punto la posizione italiana in vista dell’eurosummit di oggi, dal Pd si sono levate voci volte a smarcare la posizione del Pd da quella del presidente socialista dell’europarlamento Martin Schulz, che ancora a urne aperte chiedeva la cacciata del governo ’rosso’ e l’instaurazione di un esecutivo modello Monti. La forsennata campagna per il sì del socialdemocratico tedesco, allineata a quella dei falchi nazionali, ha spaccato il Pse a Bruxelles. E in queste ore le sinistre chiedono a più voci le dimissioni di Schulz per aver schierato il suo ruolo di garanzia contro un governo democraticamente eletto.

In Italia il Pd non ha discusso delle vicenda greca. Alle richieste di un’apposita riunione avanzata dalla sinistra riformista, Renzi ha risposto distrattamente mandando il sottosegretario Gozi alla camera a fare una comunicazione ai deputati. Dopo il lungo sonno, ieri dal gruppone dem è arrivato qualche distinguo: ma dichiarazioni di circostanza che non mettono in dubbio la linea seguita fin qui da Renzi, la sedicente «terza via» che però non prevedeva alcuna iniziativa. Oggi a Bruxelles, prima dell’eurovertice, il premier italiano parteciperà alla riunione del Pse insieme al presidente francese Hollande, il vicecancelliere tedesco Gabriel, il cancelliere austriaco Werner Faymann, il presidente del Pse Stanishev e il segretario Post. Ovvero la squadra dei due volte perdenti che adesso, per tornare in partita, dovrebbe provare a inventarsi un ruolo nella riapertura della trattativa fra la Ue e la Grecia. Ma non sarà facile visto il determinato e arcigno ’fronte tedesco’ presente nel Pse.

È su questa contraddizione che vuole puntare il gruppo di parlamentari di sinistra che domenica scorsa è stato a Atene ad aspettare l’esito dello scrutinio al fianco di Tsipras nella sede di Syriza. «A piazza Syntagma c’era il cuore dell’Europa che vuole cambiare», racconta Arturo Scotto, capogruppo di Sel. Oggi alla camera tutti i deputati della trasferta greca – compreso il dem D’Attorre che in dissenso con il suo partito si è schierato per il no – presenteranno una mozione per chiedere alle commissioni bilancio di Montecitorio e Palazzo Madama un’indagine conoscitiva sullo stato del debito italiano, un intervento del governo italiano per la riapertura della trattativa Ue-Grecia e per una conferenza sul debito. «Renzi ha l’occasione per riscattarsi rispetto alle immagini un po’ penose viste in questi giorni in tv», spiegava ai cronisti Vendola in Transatlantico, «brucia l’immagine di Renzi unico leader Ue che va da Merkel e sceglie un campo contro il popolo greco e anche contro il popolo italiano».

L’iniziativa rischia di arrivare in ritardo rispetto alla tabella di marcia europea. Ma conta di aprirsi un varco grazie al malumore (fin qui molto silenzioso) creato nel Pd dalla ’linea dura’ di Renzi. Poi a fine mese, un nuovo passo: una riunione di tutti i parlamentari della sinistra, collocati nei gruppi misti e in quelli di Sel. In questo caso i dissidenti Pd non ci saranno.