«Che siate pronti o meno, il momento è arrivato», così il pezzo di apertura di Politico nell’ultimo giorno di presidenza Obama mentre la nube del passaggio di consegne da incombente diventa reale.

Alla conferenza stampa finale di mercoledì, Obama – che si è comunque detto ottimista riguardo la salute etica e morale del paese – ha chiarito come alcune idee del presidente eletto Trump siano per lui allarmanti e potrebbero portarlo ad esprimersi di nuovo.

«C’è una differenza tra il normale funzionamento della politica e alcune questioni che mettono a rischio i nostri valori fondamentali – ha detto Obama – Ad esempio la discriminazione sistematica e ratificata di gruppi etnici o religiosi, l’implementazione di ostacoli espliciti o funzionali per impedire il diritto di voto, l’uso di sforzi istituzionali per mettere a tacere il dissenso o la stampa. È un aspetto che mi è caro: gli sforzi per discriminare bambini cresciuti in America, a tutti gli effetti ragazzi americani, e che non verranno spediti da qualche altra parte, in quanto amano questo paese».

Mentre Obama dichiara quali mosse della futura amministrazione potrebbero distoglierlo da un buen retiro post presidenziale, i movimenti americani sono già pronti a rovinare la festa a Trump il quale dal canto suo contesta i sondaggi che gli danno un indice di gradimento scandalosamente basso per un presidente entrante (si parla del 40%, mentre Obama esce con il 60%), inferiore anche a quello del primo mandato di Bush jr.

Si è cominciato ieri a New York, dove sotto la Trump Tower si manifesta per ricordargli che non potrà impunemente implementare le promesse elettorali razziste, xenofobe, misogine: ad organizzare la manifestazione Michael Moore, Mark Ruffolo ed Alec Baldwin che ogni sabato al Saturday Night Live fa una parodia crudele di Trump che lo manda puntualmente in bestia.

Tra i primi ad aderire è stato il sindaco di New York, Bill De Blasio, che tramite Twitter, Facebook, mailing-list ha invitato i suoi concittadini a raggiungerlo, una mossa insolita, come quella degli ormai 60 esponenti del partito democratico che si sono rifiutati di partecipare alla cerimonia di insediamento di Trump.

Anche Pence, nuovo vice presidente ha avuto una contestazione notturna ad personam. Famoso per le sue posizioni omofobe, ha avuto il sonno disturbato da un rave organizzato sotto casa sua da un gruppo per la difesa dei diritti civili Lgbtq che ha tenuto una festa allegra e molto rumorosa, ripetendo che il party continuerà per tutto il mandato.

Per oggi, giorno dell’insediamento in una Washington super blindata, si aspettano tanto i sostenitori del nuovo presidente quanto la base che gli si oppone. A preoccupare le autorità locali sono i bikers for Trump, collettivo di motociclisti destrorsi che aderiscono in tutto e per tutto al peggior stereotipo di questa categoria.

La manifestazione più imponente sarà quella di sabato, la Women March, che si prefigge di portare a Washington 200mila persone e che ha fatto nascere decine di manifestazioni sorelle inizialmente in tutti gli Stati Uniti, ed ora in tutto il mondo, riportando la pratica delle manifestazioni globali inaugurata il 15 febbraio 2003 con l’opposizione alla guerra di Bush Jr in Iraq.

All’interno dei palazzi continuano le udienze della commissione etica per i nuovi nominativi. A far discutere è il segretario all’istruzione, la miliardaria Betsy DeVos che non si è detta contraria alla presenza di armi nelle scuole, anche quando incalzata dall’inorridito senatore del Connecticut.

Durante le udienze i più accaniti si confermano quelli che ormai sono i nuovi punti di riferimento della sinistra istituzionale americana: Sanders, Elizabeth Warren, Cory Booker non accettano risposte fumose ma portano gli esponenti della nuova amministrazione ad esprimersi chiaramente, dichiarazioni alle quali verranno poi inchiodati nei mesi successivi. Si delinea lo scenario a cui assisteremo nei prossimi mesi: manifestazioni per le strade ed ostruzionismo nei palazzi del potere.