La narrazione comincia con un’epigrafe piuttosto inquietante: «Se pensate che quando accendo il mio portatile mi senta tranquillo, avete ragione. Nel senso che sono ‘tranquillamente’ pronto a scoprire che qualcuno mi ha truffato online». La scrive Alessandro Curioni nel suo libro Come pesci nella Rete. Guida per non essere le sardine di Internet (Mimesis, pp. 143, euro 10) e quella che segue è la descrizione più o meno accurata – e fedele – della modalità con la quale l’autore svolge il suo lavoro di consulente sulla sicurezza informatica. Una modalità spettacolare. Niente di tecnico o di burocratico ma una guida competente, inesorabile e ironica per evitare i principali danni prodotti dall’imprudenza e dall’inconsapevolezza che muovono tutti noi nell’utilizzo della Rete.

Lo conferma un test effettuato da un’azienda a conclusione di un corso di formazione su come rendere sicuri gli strumenti informatici, il cui esito è stato tanto incredibile quanto plausibile: nonostante tutte le raccomandazioni continuamente ribadite, «alla fine il settanta per cento dei destinatari ha aperto l’email e il cinquanta per cento anche l’allegato. Il responsabile della sicurezza ha fatto un solo, laconico commento: ‘Non posso, anzi non voglio crederci!’».

Curioni ci conduce progressivamente dentro il web di superficie, il Deep Web, il Dark Web, ci porta nei normali ambienti di lavoro e in mondi paralleli dove accade di tutto e tutto si può trovare. I consigli più ovvi – ma proprio per questo preziosi – si alternano a indicazioni più raffinate e a metafore realistiche ed efficaci: «Il vostro nome utente e la vostra password sono esattamente uguali alle chiavi di casa»; «in primo luogo mai, ma proprio mai, utilizzare un link inserito nel corpo della email cliccandoci direttamente»; «il ricatto funziona perché qualcuno non ha ancora capito che quando si utilizza internet siamo sempre e comunque in un luogo pubblico».

La Rete tutta intera è una grande metafora. Di che cosa? Di Dio: «Onnipresenza, onniscienza e onnipotenza sono probabilmente i tre tratti distintivi di qualsiasi divinità. Irraggiungibili nel mondo reale, possono quindi concretizzarsi al di là del monitor, dentro la Grande Rete».
Di fronte a una divinità onnisciente siamo tutti trasparenti. La trasparenza teologica e quella roussoviana si coniugano nel potere che pervade di sé oggi le vite di miliardi di umani, per lo più felici di essere oggetto di un tale sguardo. Un potere che titilla le esigenze narcisistiche di ciascuno ma in cambio chiede l’anima.

L’anima è lo spazio dei pensieri più intimi, dei desideri, delle azioni che nascondiamo a tutti, delle aspirazioni, degli squilibri, della chiarezza e dell’indicibile. Anche questo i social network mettono in mostra. In essi «tutti sanno o possono sapere tutto di tutti» ed è gesto di grande ingenuità non capire «che quando si utilizza internet siamo sempre e comunque in un luogo pubblico».

Questo libro è insieme diagnosi, farmaco – anche nel senso che avvelena le nostre tranquillità digitali – e terapia. Esso delinea un mondo distopico, surreale e terrificante ma del tutto reale e in atto. Il testo inizia col descrivere come in 59 minuti si possa – dalle informazioni su di noi che si trovano in internet – diventare preda della Rete: «Adesso, doppio click sull’allegato che l’antivirus non ha bloccato perché il virus è di quelli scritti ad hoc per l’occasione. A questo punto si fa buio, perché quello che succederà dopo non dipende più da voi. In ogni caso siete ‘digitalmente morti’» e si conclude con un futuro nel quale l’«internet delle cose» renderà le nostre case il luogo più insicuro al mondo.

Un enigmatico racconto zen chiude le pagine di Curioni e ribadisce ciò che è evidente a chiunque la studi: la Grande Rete è anche un luogo tecnologico, una modalità informativa e relazionale ma è soprattutto lo spazio del «sacro», compresa la sua potenza infera.