L’inchiesta va avanti dalla primavera del 2013 e tra voci, indiscrezioni, sussurri, indignazioni varie, nella tarda serata di giovedì, dalla procura di Ancona è venuto fuori che gli indagati per le presunte spese pazze dei gruppi consiliari dell’assemblea legislativa delle Marche sono 47: 42 consiglieri e 5 tra collaboratori e dipendenti della Regione. Il reato ipotizzato è peculato e, a scorrere i nomi presenti nel registro degli indagati si fa prima a dire chi non c’è: il presidente del consiglio Vittoriano Solazzi (che aveva rinunciato ai fondi per i gruppi) e la consigliera democrat Letizia Bellabarba, entrata nel 2013. Gli altri ci sono tutti: il governatore Gian Mario Spacca, il segretario regionale del Pd Francesco Comi, il vicepresidente Antonio Canzian, tutta l’opposizione, il centro, la destra, la sinistra, i civici. Nessuno escluso.

La reazione è trasversale, una frase ricorre sulla bocca di tutti i consiglieri: «Non ci sono avvisi di garanzia». Ufficialmente, fuori dalla procura e dalle redazioni dei giornali, nessuno sa nulla.

A guardare gli episodi che riempiono le centinaia di carte dell’inchiesta, il problema non è la quantità di denaro buttata al vento – in totale, stimano gli investigatori, mezzo milione di euro –, ma il suo utilizzo.

E allora abbiamo personaggi tipo Raffaele Bucciarelli dei Comunisti Italiani che ha messo in nota spese il volume «Il segreto delle donne, viaggio nel cuore del piacere» (16,80 euro), affermando poi di averlo fatto perché «fondatore della commissione pari opportunità». Poi c’è l’ex candidato al ruolo di governatore per il centrodestra, Erminio Marinelli, che si è fatto rimborsare le spese sostenute per l’organizzazione di un incontro sulla sanità regionale avvenuto, tra un brindisi e un piatto di lenticchie, il 31 dicembre del 2012. E ancora: Dino Latini (Api) ha voluto indietro 2.100 euro spesi in coppe e medaglie per un torneo di calcetto tra amici, il gruppo di Fli che ha voluto 800 euro per la trasferta a Mirabello in occasione della festa del partito, l’assessore dell’Udc Luca Marconi che presenta una fattura da 340 come rimborso per la partecipazione al convegno «Il rinnovamento dello spirito», in qualità di «inviato esperto di politiche familiari e sociali». Poi tutta una sfilza di ristoranti e alberghi, telefonini e tablet, navigatori satellitari. Addirittura olio, sale e formaggi per una non meglio precisata «iniziativa politica», cesti di Natale, biglietti della lotteria.

Marche e marchette, in attesa della conclusione delle indagini (la procura ha chiesto una proroga fino a dicembre), l’usanza dei rimborsi allegri ai gruppi consiliari fa scalpore, in un territorio ormai deserto industriale, da terra promessa a palude stagnante che, dopo la fuga delle multinazionali, è costretta ad assistere anche alla resa dei vecchi padroni.

La famiglia Merloni, che in politica ha piazzato qualche erede universale e diversi dipendenti, ha venduto Indesit agli americani della Whirpool, ricevendo in cambio una montagna di soldi e il plauso bipartisan della politica, locale e non solo. La Banca delle Marche è commissariata da un anno e non si sa bene cosa accadrà in futuro, in procura un’altra inchiesta, sulle centrali a biogas, ha portato alla luce un giro di poche famiglie che, in pratica, controlla tutta l’economia della lingua di terra che si estende dalla Repubblica di San Marino ai confini del fu Regno delle due Sicilie.

Sul campo di questa inchiesta sui rimborsi, ad ogni buon conto, si giocherà anche una fetta consistente delle prossime candidature alle regionali, previste per la primavera del 2015. Pochi dubbi sulla vittoria del centrosinistra, per ora, ma solo il gigantesco ostacolo rappresentato dalla candidatura alla presidenza: Spacca, che già ha due mandati all’attivo, è osteggiato da una parte del Pd, ma può contare su un’alleanza trasversale di centristi, imprenditori e di un’altra parte del suo partito.

Il problema è che tutti sono indagati e nessuno può dirsi abbastanza senza peccato da poter scagliare la prima pietra. Ammesso e non concesso che l’indagine della procura di Ancona non vada a finire in un nulla di fatto.