Se c’è una figura moderna che incarna la Grecia antica, intesa come mitologia, arte, tragedia, questa non può essere che Anna Maria Cecilia Sophia Kalogeropoulou, in arte Maria Callas (1923-1977); basta osservarla nei rari filmati in cui è protagonista di opere e di recital: la perfetta simbiosi di canto e recitazione, di voce e corpo, di sguardi e gesti, di ideali e simboli, di «kalos kai agathos», rimanda magari inconsciamente a una grandezza epocale. Emerge infatti Grazie alla distanza oggettivamente storica che separa oggi noi da lei, la carnale statura di una classicità profonda e un femminino arcano, che non è l’Ellas normalizzatrice idealizzante studiata sui banchi di scuola e nemmeno l’algida presenza neoclassica (sia pur virata talvolta a fini rivoluzionari dalla cultura illuminista).

Una sola persona intuisce e comprende Maria Callas greca eroina verso gli archetipi della divinità pagana e panteista: non a caso si tratta di Pier Paolo Pasolini, la cui Medea(1970), dove lei accetta di recitare nell’unico film che la vede protagonista, esalta forse assai meglio di qualsiasi melodramma – persino della Medea(1797) di Luigi Cherubini su cui la soprano «si esercita» per otto anni dal 1953 al 1961 – una femminilità intensa dovuta non soltanto alla fierezza interpretativa (acquisita negli anni in teatro e persino riscontrabile anche solo mediante la voce su disco), ma in particolare alla sofferta naturale grecità che mette a dura prova, quasi a ripetere ossessivamente i riti di passaggio di tanti semidei nei luoghi esistenziali, via via attraverso i lunghi soggiorni newyorkesi, parigini, italiani e ancora, di sfuggita, nella Grecia contemporanea.

Per conoscere meglio Maria Callas oggi non resta che affidarsi ai pochi video oppure a una fresca iniziativa discografica, Maria Callas Remastered – di cui parla il curatore Tony Locantro – a prescindere dai discorsi pur necessari o giustificabili di lei come prima autentica diva pop (in anticipo sulle capricciose rockstar) o quale icona dei movimenti omosessuali (anche qui molto prima di altre cantanti di vario genere).

Tuttavia, la conoscenza dell’arte di Maria Callas – o meglio del solo aspetto canoro-fonetico-musicale, peraltro imprescindibile dagli altri – deve passare oggi da un ragionamento sull’esperienza vocale (purtroppo disgiunta da quella fisica) per via dell’abbondante messe di registrazioni ora finalmente disponibili in versioni rimasterizzate di cui ci svela qualche segreto il già citato Locantro, artefice del cofanetto che contiene i trentanove album originali incisi tra il 1949 e il 1969 per un totale di sessantanove cd con 26 melodrammi integrali (di Bellini, Bizet, Cherubini, Donizetti, Leoncavallo, Mascagni, Ponchielli, Puccini, Rossini, Verdi) e tredici lavori misti fra recital e antologie di rarità. L’uscita discografica, il 22 settembre scorso, è il pretesto per allargare il discorso sull’unicità della Callas.

Tony, chi è principalmente Maria Callas?

Non è esagerato dire che il soprano Maria Callas abbia cambiato la storia della musica. Nella sua carriera relativamente breve, ma incomparabilmente brillante, a metà del XX secolo, il suo genio vocale e drammatico ha portato nuova linfa vitale al repertorio operistico italiano, soprattutto alle eroine del bel canto di Bellini, Donizetti e Rossini e ai grandi ruoli di Verdi e Puccini. Callas non è il primo soprano in assoluto a essere un’attrice emozionante, ma la sua presenza dominante, a partire grosso modo dal 1950, l’ha trasformata nel simbolo dell’opera come dramma. Come artista e come celebrità, la Callas è poi una delle più importanti icone culturali del nostro tempo; come persona invece lei è, in ultima analisi, una figura tragica che ha sacrificato la sua carriera e, infine, la sua vita per un uomo che l’ha usata e poi respinta, il magnate e armatore greco Aristotele Onassis.

Puoi parlarci del tuo nuovo lavoro, il progetto «Maria Callas Remastered»?

Ho lavorato per la Emi e per la Warner Classics ormai fin dal lontano 1960 e in questi ultimi tempi mi sono concentrato sulla qualità di produttore per il catalogo storico con riedizioni e compilation, in seguito alle decisioni che vengono prese dai manager e dall’ufficio marketing della società, su cosa realizzare con i nostri immensi archivi. Sono stato in gran parte responsabile, a metà degli anni Ottanta, nella produzione dei primi cd con le incisioni della Callas e poi del ri-confezionamento di tutto il cosiddetto «Catalogo Callas» nel 1997 per quello che era effettivamente una «Callas Edition». Nel 2007 c’è stata una decisione di marketing per mettere tutte le registrazioni in studio di Maria in un unico «pacchetto» a un prezzo molto interessante, mentre era disponibile anche in una versione di lusso rigorosamente limitata, con una bella scatola di legno, con un libro speciale e con una serie di ritratti fotografici alla protagonista. In tutto questo nuovo lavoro, invece il mio ruolo di produttore è stato quello di badare alla documentazione e alla ricerca delle immagini, nonché di scrivere alcune note di copertina. Le registrazioni sono state digitalmente rimasterizzate sempre agli Abbey Road Studios.

Quali sono i motivi che vi hanno spinto a rimasterizzare l’intera discografia in studio di Maria Callas?

I miei colleghi di marketing hanno notato che negli ultimi tempi le registrazioni della Callas continuavano a realizzare vendite sorprendentemente alte e così la società ha capitalizzato su questa linea, riproponendo della Callas una serie speciale di cosiddetti dischi deluxe – tutti scelti e prodotti dal sottoscritto – con il sostegno di attività pubblicitarie e di marketing intensivi per stimolare l’intero «Catalogo Callas». In tale contesto, fu poi deciso che il «Catalogo Callas» sarebbe stato l’ideale per una edizione che riproducesse la «veste originale»; allo stesso tempo si è pensato che gli studios di Abbey Road avrebbero potuto fare una rimasterizzazione definitiva dai master originali analogici, utilizzando la più recente tecnologia per offrire tutte queste famose registrazioni al miglior esito possibile, letteralmente come non fossero mai state ascoltate prima. Come esperto della Callas nell’azienda, avevo bisogno di contribuire con alcune nuove note, oltre una duplice ricerca, da un lato per trovare le copertine originali dei 33 giri, dall’altro nell’aggiungere foto supplementari per i singoli album, rivedere quindi il libro annesso e in generale supervisionare l’intero progetto.

Cosa dobbiamo ancora aspettarci da tali registrazioni, pensando ad esempio ai giovani?

Il «Catalogo Callas», così com’è ora conosciuto, rappresenta lo sforzo definitivo di avere tutte le opere registrate in studio dalla cantante, incluse le arie dai suoi album di recital. I consensi della critica verso queste registrazioni è aumentata ogni volta che sono state ristampate e recentissimamente l’autorevole rivista inglese Gramophoneha selezionato il Rigolettocon la Callas, Gobbi e Di Stefano come la migliore versione disponibile in assoluto, nonostante sia un’incisione mono realizzata nel 1955. Credo che chi si interessi di opera o lo stia per fare, indipendentemente dal fatto che sia giovane o vecchio, troverà le interpretazioni di Callas infinitamente affascinanti su tutta la gamma del repertorio operistico. Con il passare degli anni, diventa sempre più evidente che la Callas era un’artista che si può conoscere solo attraverso i risultati su vinile (e oggi su cd) e il suo catalogo discografico è qualcosa di assolutamente unico nel suo genere.

E tu personalmente che ricordo hai di Maria Callas?

Sono nato in Australia e ho vissuto a Sydney fino al 1960, ma mi ricordo chiaramente l’ascolto di una trasmissione radiofonica con la prima registrazione in studio della Callas di Lucia di Lammermoor, attorno al 1955; allora pensavo che la sua voce fosse un po’ troppo pesante in un ruolo che mi aspettavo interpretato da una soprano di coloratura molto più leggera. Poi un amico mi ha dato un ep di Maria che canta la scena della follia da I puritanie ho capito esattamente dove la Callas stava portando questa musica e sono diventato un suo ammiratore. L’ho sentita dal vivo in un concerto alla Royal Festival Hall di Londra nel febbraio 1961 e ne sono stato totalmente ammaliato: non solo per una voce straordinaria, ma anche dalla sola presenza fisica. In seguito la vidi in palcoscenico nella Toscaa Londra e poi nella Normaa Parigi e in entrambe le occasioni ha superato anche le mie più rosee aspettative.

Ci sono, secondo te, altre personalità del valore della Callas in ambito lirico?

Nel teatro, i più grandi artisti che ho visto, in quanto a completa realizzazione vocale e drammatica, oltre lei, sono tutti uomini: Tito Gobbi, Boris Christoff, Hans Hotter e Jon Vickers. Ci sono altre donne il cui canto è stato incomparabile, come Birgit Nilsson, Régine Crespin e Joan Sutherland, ma nessuna di loro aveva il talento drammatico della Callas. Su disco ci sono molti cantanti che ammiro sia in opere sia per le singole arie e tra loro dovrei includere Elisabeth Schwarzkopf, Galina Vishnevskaya, Jussi Björling, Beniamino Gigli, Richard Tauber, Claudia Muzio, Enrico Caruso, Lotte Lehmann, Lauritz Melchior e molti, molti altri.

C’è un momento clou nella carriera della Callas cantante?

A giudicare unicamente dalle registrazioni dal vivo, direi che in cima alla lista io personalmente devo mettere La traviataal Teatro alla Scala diretta da Giulini e Lucia di Lammermoora Berlino diretta da Karajan: entrambe sono del 1955. Si tratta di spettacoli con una tale padronanza completa dei ruoli come nessuna altra cantante ha mai raggiunto a memoria d’uomo o su disco. Ma le due registrazioni live di Maria ne La sonnambula(ancora La Scala nel 1955 e a Colonia nel 1957) mostrano entrambe la Callas al suo culmine musicale assoluto; e non ti ho nemmeno menzionato Norma, un ruolo in cui rimase suprema per tutta la sua carriera.

Tra gli album che hai rimasterizzato quale ami di più?

Li amo tutti! Ma suppongo che i miei preferiti siano i recital considerando, in particolare Lyric and Coloratura Arias, Mad Scene, Callas à Parise Verdi I & II. Questi cinque dischi mostrano Maria al suo meglio, in piedi al centro della scena a evidenziare, per così dire, il motivo per cui nessun altro cantante lirico ha mai affrontato una vasta gamma di repertorio con tanta maestria musicale tra superba completezza e drammatica convinzione.

Come definiresti il precipuo stile vocale di Maria Callas nelle registrazioni in studio?

Il direttore d’orchestra Tullio Serafin ha detto che, qualunque sia la parte da lei interpretata, la Callas ha sempre trovato «la voce giusta». La sua voce aveva un timbro unico, una varietà originalissima di colori e di toni e un’agilità eccezionale che le hanno permesso di illuminare ogni suo ruolo e di catturare ogni stato d’animo nello sviluppo di un personaggio. Tutto questo si sente benissimo nelle registrazioni in studio e ogni figura è chiaramente differenziata e del tutto convincente. Anche senza vederla sul palco, solo con l’ascolto di brevi estratti dai documenti, non avremmo mai potuto confondere con altre l’Amina della Callas per la sua Norma; o la Turandotper la sua Tosca; o ancora la Gilda per la sua Aida. E devo anche citarti i personaggi che Maria cantò solo in studio di registrazione: Mimì, Nedda, Manon Lescaut e Carmen. Ognuno di loro è totalmente completo ed è difficile credere che non aveva affinato queste sue interpretazioni attraverso l’esibizione sul palco prima di registrarle.

Ci sono ulteriori idee, concetti o sentimenti che associ all’«arte» di Maria Callas?

Maria è la sola cantante lirica nella mia esperienza che comprende pienamente i diversi stili musicali di tutti i compositori che canta e che è in grado di ottenere il massimo proprio andando fin dentro la loro musica e rendendo quest’ultima pienamente aperta alla vita. Lei segue scrupolosamente la partitura scritta, anche se di tanto in tanto fa note alte non scritte, ma emozionanti nel climax, sancite dalla pratica storica, aggiungendo qua e là abbellimenti nei passaggi in cui il compositore se lo sarebbe aspettato. Ma in generale si sente esattamente quello che ha scritto Bellini, esattamente quello che ha scritto Verdi, esattamente quello che ha scritto Puccini e così via e, di conseguenza, queste performance, fortunatamente immortalate per sempre su disco, sono riconosciute come definitive, qualcosa su cui impostare lo standard rispetto al quale altre cantanti, ieri, oggi, domani, vengono giudicate.

Come vedi, in generale, l’attuale status dell’opera lirica registrata?

Il business discografico sta attraversando un momento difficile in questo momento. Le vendite di cd sono in declino e i download digitali non sono stati pienamente accettati dai collezionisti classici, così le aziende non sono in grado di permettersi i costi elevati della creazione di registrazioni in studio di opere complete o di esibizioni particolari, tranne in circostanze del tutto eccezionali, con alcuni artisti straordinari, come Jonas Kaufmann o Anna Netrebko. Ma molto di ciò che oggi è conservato nel campo della lirica si trova in dvd di spettacoli dal vivo e io, come tutti quelli che hanno speso una vita a collezionare dischi audio tra cd, lp e 78 giri, trovo l’opera in dvd un supporto diverso, meno soddisfacente.

Tony, in conclusione, hai altri progetti musicali per il futuro?

Maria Callas Remastered è effettivamente il mio «canto del cigno». Non ho piani per altri progetti e all’età di settantasette anni ora sto godendo la mia tanto agognata pensione!