La gioia di un linguaggio del corpo che travolge; la potenza dell’invenzione; un repertorio che va dritto al cuore dello spettatore commuovendone anima e intelligenza. Marie Chouinard, dal Québec, 12 anni di carriera solistica dal 1978 al 1990, 25 di compagnia compiuti nel 2015, non ha mezzi termini. Ogni volta riparte da zero, con energia, volontà, capacità di ascoltare le pulsioni del tempo in cui viviamo.

Ha una compagnia di danzatori incredibili, artisti d’indiscutibile personalità, che hanno scelto di crescere dentro una ricerca, dentro una visione. Tra essi Carol Prieur, con Marie da vent’anni, l’italiana Valeria Galluccio, che anni fa notammo come giovane di spicco all’Arsenale della Danza della Biennale di Venezia, Megan Walbaum e tutti gli altri.
A Chouinard il festival MilanOltre ha dedicato un focus a più titoli, presentando al teatro Elfo Puccini la creazione 2015 Soft virtuosity, still humid, on the edge, che apre più di una questione sulla nostra società, il bellissimo Henri Michaux: Mouvements, che sarà stasera e domani anche a Romaeuropa Festival insieme a Gymnopédies, i pulsanti Ètude no 1 e 24 Préludes de Chopin, il ribollente bODY_rEMIX/les_vARIATIONS_gOLDBERG. E dopo Milano e Roma, altre due tappe per lasciarsi toccare dal lavoro dell’artista: al Teatro Comunale di Ferrara il 13 e al Malibran di Venezia il 17, in scena due titoli icona, Prélude à l’après-midi d’un faune e Le Sacre du printemps, riscritture tra le più incisive e conturbanti delle rivoluzionarie coreografie firmate da Vaslav Nijinskij a inizio Novecento sulle omonime partiture di Debussy e Igor Stravinskij.

Dà il timbro del lavoro di compagnia la voce di Carol Prieur, protagonista chiave di tanti lavori di Chouinard tra cui Henri Michaux: Mouvements. «È una compagnia che richiede a ognuno di noi di consacrarsi a ciò che facciamo, c’è un credo nel lavoro di Marie. Ci incalza, vuole sentire il nostro io ed è un processo che richiede del tempo, un percorso che le scuole di danza difficilmente insegnano. Al pubblico cerchiamo di comunicare qualcosa di vero, di universale, che parli di noi come esseri umani, tra la tenerezza e la rabbia, la gioia e il dolore. Quando riusciamo a entrare in contatto con lo spettatore sento che stiamo nuotando nell’acqua della verità».

Soft virtuosity, still humid, on the edge è arrivato a Milano dopo il debutto a Stoccarda lo scorso giugno. I danzatori sono partiti da semplici camminate, ma mutate dall’inciampo, dalla difficoltà dell’armonia, dal nascondimento e svelamento del volto. Chouinard accosta alla danza dal vivo un film che proietta in tempo reale sullo sfondo ciò che avviene sulla scena, ampliandone la lettura, rendendone più visibile l’ambiguità. Chi siamo noi? Cosa vediamo negli altri? Ancora Prieur, incontrata a Milano prima del debutto all’Elfo della creazione 2015: «È un pezzo nuovo dal quale stiamo ancora imparando. Lavorando con Marie so che ogni creazione necessita di circa un anno di vita per arrivare alla sua forma compiuta, camminiamo in un processo di crescita. Il suo lavoro è intuitivo e si rivela anche a noi danzandolo. Penso che Soft virtuosity, still humid, on the edge sia uno dei pezzi più politici di Marie, riflette l’epoca in cui viviamo, con tutte le diversità di cui è portavoce».

L’identità, mai di scontata lettura, appartiene in Soft virtuosity ai volti del danzatori, ai sorrisi e alle smorfie di stupore, ai passi ora fragili e stonati, ai movimenti ora carezzevoli e interrogativi. Restano negli occhi le parti en ralenti, con i corpi in movimento vicini uno all’altro, ingigantiti espressivamente nel film di sfondo, e la sposa in bianco, nuda sotto il velo, che vaga in una foresta di movimenti, sulle musiche avvolgenti di Louis Dufort. Un pezzo complesso e potente che crescerà.

Gli altri titoli in scena a MilanOltre hanno spaziato negli anni. Ecco i 24 Préludes de Chopin del 1999: Chouinard ora ne fa danzare 23, il 17 salta, il 15 è una meraviglia assoluta con la danzatrice che recita nota per nota il Preludio mentre un’altra sullo sfondo lo danza. Un titolo culto da far vedere a musicisti e danzatori. Poi c’è l’assolo con claquette Ètude no 1, con Carol Prieur, del 2001, magistrale per variazioni d’umore e qualità intima del movimento, con citazioni cult da La Morte del cigno e momenti lampo in cui si osserva la scena dall’esterno per poi rituffarsi nel ring. Primo titolo del focus, bODY_rEMIX/les_vARIATIONS_gOLDBERG, creato per la Biennale di Venezia nel 2005, rinato qualche anno fa e ora per MilanOltre: tra stampelle, protesi e punte un esempio rapinoso di voracità creativa.

Su tutti vince però a Milano Henri Michaux: Mouvements, nato come assolo con Carol Prieur nel 2005, diventato un lavoro di gruppo nel 2011. Un capolavoro di 35 minuti. Timing perfetto, idea scenografica che diventa tutt’uno con la coreografia e la danza, arte visiva e movimento. I disegni di Michaux appaiono sulla tela bianca di sfondo, diventano danza nei corpi, uno dietro l’altro, con soluzioni sorprendenti. Il poema, che nel libro di Michaux intervalla le immagini, arriva a metà del lavoro: è recitato da Carol con furia, dolcezza, miriadi di accenti, con lei che si infila sotto il tappeto da danza bianco, il microfono in mano. Chiusura con una danza stroboscopica che svetta in un cerchio di luce mentre una voce fuori campo legge la postfazione di Michaux al suo libro. Un lavoro geniale che infiamma l’applauso.