A conferma della complessità di un paese come gli Stati uniti, mentre alla Casa bianca sale il più populista degli inquilini possibili, l’election day si chiude anche con una serie di decisioni popolari che, nella maggior parte dei casi, mostrano una società più aperta e progressista di quanto il voto per Donald Trump possa lasciare immaginare.

Primo tra tutti, il sì alla legalizzazione della marijuana in otto Stati sui nove chiamati al referendum, quattro dei quali hanno esteso l’approvazione anche all’uso ricreativo della cannabis: una decisione che imprime una svolta storica alla politica proibizionista e chiude l’era della «war on drugs» aperta da Nixon nel 1971. E poi sì al suicidio assistito di malati terminali in Colorado, sì all’aumento o all’adeguamento del salario minimo in molti dei 23 stati che ponevano un quesito sul minimun wage, sì di Washington Dc e California ad alcune restrizioni sulla vendita delle armi, sì alla costruzione di alloggi popolari per i senza tetto di Los Angeles. Certo, ci sono anche dei «no» che riportano indietro le lancette della democrazia e del diritto: in un paio di Stati ritorna possibile la pena di morte, e la paura di vedere migrare altrove le industrie del porno ha convinto gli elettori della California a votare contro l’obbligo dell’uso dei condom durante le riprese hard, misura che avrebbe potuto limitare la rinnovata diffusione dell’Hiv tra i lavoratori del settore.

In tutto, sono più di una ventina le questioni chiave su cui gli elettori di alcuni Stati hanno dovuto esprimersi. In California i quesiti erano 17, in Texas oltre 50. Forse non è un caso se in Nebraska, uno di quegli stati dove Trump ha trionfato, è stata respinta la decisione, presa dal governo lo scorso anno, di sospendere la pena di morte, malgrado non vi siano più esecuzioni dal 1997. Però anche l’Oklahoma ha votato a favore di «protezioni costituzionali» alla pena capitale, che era sospesa dal 2014 e che ora non potrà più essere considerata dai tribunali statali una punizione «crudele e inusuale». E soprattutto l’abolizione delle esecuzioni è stata bocciata perfino nella liberale California, che vanta nel braccio della morte di San Quintino ben 725 detenuti in attesa del boia di stato.

Forse però non è  neppure un caso se il Colorado, che è valso nove voti elettorali per Hillary Clinton, è diventato il sesto Stato in cui vige una «legge sul diritto a morire», dopo California, Montana, Oregon (dove è in vigore da una ventina d’anni), Vermont e Washington, mancando una legge federale sulla materia. La Prop 106 approvata permette ai medici di assistere nel suicidio i cittadini residenti maggiorenni che lo richiedano e che siano malati in fase terminale, con un’aspettativa di vita di sei mesi o meno. Finora, in Colorado aiutare un aspirante suicida era considerato un crimine.

Ma i movimenti liberali americani – che non sono solo di area democratica – esultano soprattutto per la vittoria della Proposition 64 in California, con il 55,75% dei voti, e di quelle similari in Maine (51%), Massachusetts (53,36%) e Nevada (54,21%), tutte volte alla legalizzazione della marijuana anche a scopo ricreativo. Solo in Arizona la proposta è stata respinta, fermandosi al 47,82% dei sì. Mentre in Florida, Arkansas, Nevada e North Dakota è passata la legalizzazione della cannabis terapeutica. Ben 82 milioni di americani si sono espressi sulla questione droghe leggere. E se a livello federale resta un reato detenere cannabis anche per uso personale, Massachusetts e Maine sono i primi stati a est delle Montagne Rocciose a depenalizzare la modica quantità.

Otto Stati che, con normative diverse, vanno ad aggiungersi a quelli – Alaska, Colorado, Oregon e Washington Dc – che già nel 2014 resero legale la coltivazione e la compravendita di marijuana e hashish. La Prop 64 californiana, per esempio, mette sullo stesso piano l’alcol e le sostanze stupefacenti leggere, tassate con un’accisa del 15% e controllate dallo Stato, in modo da sottrarle al mercato criminale. Tutti i cittadini di età superiore ai 21 anni potranno coltivare in casa un massimo di sei piante di marijuana e detenere fino a 28 grammi di cannabis per uso personale.

A questo punto, come fanno notare i Radicali italiani e le tante associazioni (Cild, Forum Droghe, Luca Coscioni, Antigone, A Buon Diritto, Possibile, ecc.) promotrici in Italia della campagna «Legalizziamo!», sono diventati otto gli Stati ad avere un mercato legale della marijuana, mentre 28 – più della metà del totale – ora prevedono la possibilità di curarsi con la cannabis. Per un quarto della popolazione Usa il proibizionismo non è più di casa. «Venerdì – annuncia Marco Perduca, coordinatore della campagna – consegneremo alla Camera le firme a sostegno della nostra proposta di legge sulla cannabis per rilanciare la legalizzazione anche in Italia». È ora anche per il nostro Paese di seguire un trend ormai inarrestabile.