Marina Fois ha un nome italiano, un viso imperfetto e una catena di pizzeria in Francia. Nata da una famiglia di origine russa, ebrea egiziana, tedesca e italiana è tra le attrici più pagate al mondo. Qui da noi, nello stivale sul Mediterraneo, non è conosciuta, se non tra pochi. Ha superato la quarantina da un po’ ma è magra, tonica, spudorata e al contempo calibrata nella scelta dei ruoli che interpreta.

 

 

Mi è capitato di amarla molto all’ultimo festival di Cannes, in «Pericle il nero» (Stefano Mordini, 2016), messo in scena su misura per Scamarcio, nella sua (per me) migliore performance.
Fois, cameriera e madre separata, rappresenta per il protagonista la scintilla di luce, la complicata normalità di una vita divisa tra lavoro precario, un ex marito e due figli maschi da crescere, educare, mantenere. Il viso asciutto, scavato, segnato dal tempo della donna illumina la pelle ambrata del compagno di poche notti redimendolo con l’amore. Affiatamento recitativo perfetto.
Cambiamo scenario. «Irreprochable» (opera prima di Sébastién Marnier, Francia, 2016). Provincia francese. Lei, agente immobiliare fresca di licenziamento a Parigi, torna nel paese di nascita dove è ricoverata la madre e dove si ripropone all’agenzia in cui lavorava anni prima. Vestita quasi sempre di giallo (colore che non dona a nessuno e che provoca diffidenza in chi guarda) Constance porta in giro un corpo che chiede calore e una testa che cerca rivendicazione. Pronta a tutto per denaro, una smania di sopravvivenza che le urla dentro, fuma mille sigarette, mangia mais dalla scatoletta per scarsità di contante, si sdraia nuda sul pavimento a cercare refrigerio e brividi. Meschinità, solitudine, incapacità relazionali o cecità indifferente nei confronti dell’altro da sé intrise nell’entourage disastroso di una società in crisi. Un personaggio negativo a tutto tondo che Fois gestisce con la leggerezza di un funambolo sul filo: senza mai una maniera, nervosa nei gesti, espressiva senza l’esplicitazione nelle parole.

 

 

Visto che tre è il numero perfetto ho approfondito il mio studio e ho trovato una commedia in cui avesse partecipato come protagonista. Per ricredermi sulle] sue capacità attoriali solo drammatiche, ho scelto «Maman ou papa» (2015, regia di Martin Bourboulon), una classica commedia francese ben scritta e sapientemente calibrata.
Ironica e allusiva, sfuggente e sorridente, Florence è una madre amorosa capace di avvelenare i figli col sapone per i piatti usato al posto dell’olio per condire gli spaghetti, pur di vincere la battaglia legale con Laurent, il marito, sull’affidamento dei figli (ognigenitore vorrebbe appiopparli all’altro).

 

 

 

 

Il paradosso del plot viene snocciolato in scene spiritose, grottesche, in cui Fois è implacabile: corpo esposto a cercare consenso, pose da Arlecchino, severa riprovazione in uno sguardo infuocato.
Indimenticabile la scena del ballo sexy alla festa da «Tempo delle mele» mentre i ragazzini intorno la fotografano per postarla su Facebook (seducendo il tredicenne che piaceva alla figlia, mostrandogli sotto la camicia le tette, che praticamente non ha).

 

 

Marina Fois gioca con le sue caratteristiche fisiche con una disinvoltura e una sfacciataggine insolite nelle donne: se ne frega dell’essere giudicata mediante canoni tradizionali di bello e brutto e, così facendo, con una rovesciata magistrale, trasforma in pregi i suoi difetti. Questo ruolo di madre sopra le righe in una storia sopra le righe, leggera e volatile, fa sorridere nei giorni difficili. Marina, mi hai convinto: sei proprio un’attrice che mi piace. Ce ne fossero come te…
fabianasargentini@alice.it