Da nove anni Mario Biondi convive con quella definizione di «voce alla Barry White» per via dei toni caldi e profondi che ricordano la scomparsa disco star dei ’70. Ma nei chiaro scuri di quel timbro c’è altro; la passione per la scuola americana dei ’70, Isaac Hayes e Teddy Pendengrass. «Anche se io sono nato ascoltando Al Jarreau – sottolinea l’artista esploso nel 2006 con lo stiloso concentrato di soul jazz Handful of Soul -, una vera folgorazione. La prima cassetta da ragazzino a 12 anni conteneva suoi brani e quelli dei Doobie Brothers, Donald Fagen e – ma non chiedermi perché – Gianni Bella»…» Oggi viene pubblicato il suo quinto album di inediti Beyond (Sonymusic) – in mezzo tanti live, un christmas album gratificato da doppia edizione e relative vendite multiplatino – tredici canzoni che non si discostano dal suo stile, black music di classe.

«Ma il progetto – ci tiene a sottolinearlo l’artista nato a Catania 44 anni fa – è tutto italiano – sviluppato insieme a Massimo Greco e Andrea Del Poggio che sono due musicisti siciliani come me, bravissimi e che si sono impegnati nella stesura completa del disco». Che vive peraltro su molte collaborazioni, c’è il chitarrista degli Suede Bernard Butler a co firmare I choose you, l’olandese cantante e produttore Alain Clark compone a quattro mani insieme a Biondi Blind, dai toni decisamente vintage.

E poi Dee Dee Bridgewater, sue le liriche di All I want is you: «Ci conosciamo da diversi anni, da quando l’ho invitata a esibirsi con me in un concerto. Una donna folgorante, mesi fa stavo scrivendo il pezzo ma sentivo che serviva una poetica speciale, e ho pensato a lei. Il sì è arrivato subito anche se mi ha fatto penare per mandarmi il testo…. È stato l’ultima traccia che ho inciso…».

Heart of stone brilla di un scintillante sound scuola Motown eseguito con i Drap Kings, formazione funk americana che ha suonato in passato con Amy Winehouse: «Avevo questo brano dal suono molto Stax e Motown, ho chiamato i signori della Sony per dirgli che aveva senso solo se eseguito con loro. Quindi sono partito per New York. I Drap sono perfetti, registrano tutto su supporti analogici, usano ancora il nastro e soprattutto suonano senza clic. Si chiudono in garage da dove esce un sound pazzesco, sembra di stare a fine anni sessanta…». Il disco esce in contemporane all’inizio del tour, stasera all’Auditorium del Lingotto di Torino. Altre date a Firenze (10), Milano (12), Roma (20) e Palermo (24).