Sempre fecondo il rapporto tra cinema e jazz che può farsi repertorio e documentario. Domenica 15 gennaio (ore 18) si conclude la rassegna-progetto «Il Jazz va al Cinema», quattro recital al teatro Palladium in sinergia tra Università Roma Tre e New Talents Jazz Orchestra. L’organico, diretto da Mario Corvini, ha indagato (spesso servendosi di spezzoni di film) la commedia all’italiana, le vite dei grandi del jazz ed il noir grazie ad un originale lavoro di arrangiamento, riproponendo una serie di musiche nate dalla relazione jazz/cinema che risale al 1926. L’ultimo concerto riguarda «Hollywood e i classici del Jazz», con in repertorio una serie di brani mutuati da celebri film e divenuti dei veri e propri standard: da Over The Rainbow (The wizard of Oz) a My Favorite Things (The Sound of Music). La New Talents Jazz Orchestra è nata nel 2012 riunendo giovani e valenti musicisti di origine laziale, toscana e siciliana; guidata dal trombonista e arrangiatore Mario Corvini, ha sempre lavorato a progetti originali.

Pluripremiato alla sua uscita nel 2014, arriva adesso in dvd (Monoduo Films) il documentario The Case of the Three Sided Dream del regista Adam Kahan, dedicato al polistrumentista afroamericano Rahsaan Roland Kirk. Morto nel 1977 a soli quarantadue anni, Kirk – non vedente – sapeva suonare con tecnica unica e straordinaria più strumenti insieme, generando una musica policroma e travolgente, in cui il jazz si fondeva ad altre musiche nere ed alla militanza per la riscossa del popolo afroamericano. Il regista racconta la storia di Roland Kirk montando le testimonianze di chi ha suonato o è vissuto con il musicista originario di Columbus insieme a spezzoni di suoi concerti ed interviste. In 88 minuti si restituisce la figura complessa del polistrumentista, capace di unire la sperimentazione alla tradizione, il rigore al successo (nel 1971 fu ospite dell’Ed Sullivan show). Sulla musica di Kirk sta lavorando, peraltro, un eccellente trio di jazzisti italiani: Eugenio Colombo, Marco Colonna ed Ettore Fioravanti.

Risale sempre al 2014 un altro documentario, scritto e prodotto dalla giornalista italiana Silvana Porcu che da anni vive e lavora fra l’Italia e New York. The Vespers. Have a Little Faith in Jazz (38’56, videographer Ilaria Paganelli, editing Carlo Sanna) racconta il rito dei Jazz Vespers, funzioni religiose presso la Saint Peter’s Church di Manhattan che dal 1965 vedono la partecipazione di jazzisti, ballerini ed artisti alla funzione domenicale delle ore 17. Da oltre cinquant’anni la chiesa newyorkese rappresenta un luogo dove improvvisazione e spiritualità si legano, in un incontro nato dalla passione del reverendo John Garcia Gensel che ha precocemente aperto le porte del tempio al jazz.

Amico di Duke Ellington (gli dedicò i Sacred Concerts) e Billy Strayhorn (regalò il suo piano alla chiesa), Gensel e i suoi successori hanno ospitato – oltre ai «vespri jazzistici» – più di duecento memorial ed officiato tanti riti funebri, da Thelonious Monk a Miles Davis. Un autentico punto di riferimento per la comunità jazzistica (con tanto di archivio) come raccontano nel documentario padre Dale Lind, il direttore dei «jazz vespers» Ike Sturm, Loren Shoemberg (direttore del National Jazz Museum in Harlem), Jaqueline Lennon (presidente dell’International Woman in Jazz) e soprattutto i musicisti. In primissimo piano la straordinaria cantante Sheila Jordan, poi Dave Liebman ed altri artisti, più o meno noti.

Purtroppo questo appassionato quanto rigoroso documentario è stato proiettato solo nell’ambito di alcune rassegna che si sono tenute a Nuoro, Gallarate, Sassari e di recente a Cagliari (novembre scorso al Puntodivista film Festival). Meriterebbe invece una maggiore circolazione e, magari, un’edizione in dvd.