Ieri mattina la Corte del Tribunale del Mare di Amburgo ha respinto entrambe le richieste di parte italiana relative alle misure di restrizione della libertà personale in atto nei confronti dei due fucilieri di marina Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. La sentenza, raggiunta con 15 pareri favorevoli e 6 contrari tra i giudici internazionali della Corte, dispone la sospensione immediata di ogni procedimento legale in corso in Italia (procura militare di Roma) e in India (Corte speciale e Corte suprema) del caso «Enrica Lexie», in attesa che la Corte arbitrale dell’Aja raggiunga a sua volta un verdetto «nel merito» del caso in questione: chi tra India e Italia abbia la giurisdizione del caso che vede i due fucilieri accusati dell’omicidio dei pescatori indiani Ajesh Binki e Valentine Jelastine.

L’Italia chiedeva che l’India si astenesse dall’esercitare la propria giurisdizione sul caso e che fossero sollevate le misure cautelari attualmente in vigore nei confronti di Girone e Latorre fino alla sentenza della Corte arbitrale dell’Aja relativa alla giurisdizione del caso. La Corte di Amburgo, respingendo entrambe le richieste, nella sentenza ha spiegato che accondiscendere alle richieste italiane non avrebbe garantito pari diritti per India e Italia e, soprattutto, avrebbe influenzato la sentenza dell’Aja.

In sostanza, la Corte di Amburgo mette tutto nelle mani della Corte dell’Aja, cristallizzando la condizione attuale dei due fucilieri fino a data da destinarsi. Latorre, in Italia dal settembre del 2014 in seguito a un attacco ischemico sofferto in India, potrà restarci almeno fino a metà gennaio, scadenza dell’ultima proroga disposta dalla Corte suprema indiana; Girone, che risiede all’interno dell’Ambasciata d’Italia a New Delhi in libertà condizionata con obbligo settimanale di firma, rimane di fatto bloccato in India. La sospensione di tutti i procedimenti legali in attesa del verdetto dell’Aja non lascia ben sperare per una risoluzione del caso in tempi «brevi»: la Corte arbitrale deve ancora essere formata e non si ha idea né di quando inizierà i lavori né, men che meno, di quando li terminerà. Non prima di due anni, secondo l’opinione di diversi giuristi internazionali.

L’agente del governo italiano Francesco Azzarello, da Amburgo, ha accolto positivamente la sospensione della giurisdizione indiana ma non ha nascosto la delusione per la mancata adozione di misure nei confronti di Girone e Latorre, che l’Italia chiederà nuovamente ««davanti alla Corte arbitrale dell’Aja» (quando la Corte sarà formata, nda).

Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha sottolineato positivamente il principio affermato dalla sentenza di Amburgo: la questione della giurisdizione sarà risolta dalla Corte arbitrale dell’Aja e non dalla Corte suprema indiana, una premessa «alla basi di sviluppi che credo positivi», secondo Gentiloni. Da Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) a Maurizio Gasparri (Forza Italia) arrivano invece bordate contro il governo Renzi, incapace di far valere le ragioni dell’Italia in sede internazionale «sbagliando un gol a porta vuota», parafrasando Meloni.

Lo scontro – in punta di diritto, seppur aspro – tra India e Italia si sposta ora definitivamente all’Aja, nell’incertezza dei tempi della formazione della Corte. Le tesi esposte finora da Roma e New Delhi rimangono sostanzialmente immutate e si sviluppano su due interpretazioni differenti della Unclos: l’Italia considera il caso una questione «militare», un possibile reato commesso da due militari in servizio antipirateria per conto dello Stato giudicabile solo da una Corte marziale italiana, in virtù dell’immunità funzionale che coprirebbe Girone e Latorre.

L’India, per contro, ritiene che i fucilieri in servizio a bordo della Enrica Lexie (petroliera privata degli armatori D’Amato) non svolgevano funzioni di «militari» a difesa dello Stato, ma di «contractor» a difesa della proprietà privata dei D’Amato all’interno della Zona economica esclusiva indiana: attività che, ratificando la Unclos, l’India permette solo previo accordo bilaterale (che India e Italia non avevano e non hanno) o permesso esplicito di New Delhi (che l’Italia non aveva e non ha).