Una ricorrenza – cinquant’anni dalla morte di Marilyn Monroe -, l’incarico di raccogliere in un cofanetto il montaggio dei suoi film, facendo attenzione al lieto fine, un gruppo scelto di amici che vengono riscoprendo e intrecciando, attraverso il comune amore per «Lei», tante storie, tante vite, tante chiavi di lettura, tanti frammenti di sé offerti dalla «immedesimazione nelle esistenze degli altri».

È questo l’incipit del nuovo romanzo di Giovanna Grignaffini, Come il volo di un colibrì (Bompiani, pp. 352, euro 14), uno spostamento tematico rispetto al primo scritto ormai quattro anni fa, Però un paese ci vuole (La Lepre Edizioni), e con un tratto autobiografico più indiretto ma per certi versi più marcato: la passione per il cinema. Di qui il ritmo veloce, pulsante, sincopato della scrittura, in tutto rispondente a quello che Emma, figura centrale del romanzo, dice del suo lavoro di montatrice: «A ogni istante lascia vivere o morire. Ora nascondere ora mostrare. Taglia e incolla fino all’ultimo respiro. Una tecnica per difendersi da se stessa. Per poter scivolare tra il tempo e le cose, per intrecciare e connettere lungo la crosta del mondo, anziché lasciarsi ogni volta trascinare in qualche altrove, in profondità».

Magnifica assenza

Se al montaggio si è affidata spesso la «salvezza» di un film, da quali pericoli i protagonisti si preoccupano di proteggere Marilyn? Come aprirsi una strada dentro la pluralità di dimensioni in cui è avvolto il suo enigma, il suo mistero, il suo fascino? Come mettere in relazione la sua vita e l’immagine a cui ha voluto consegnarla, la baldanza del suo corpo, la sfida aperta della sessualità e la sua solitudine, il suo essere presenza e fantasmatica assenza, un po’ sogno e un po’ storia? Come il volo del colibrì – «un battito d’ali così veloce da diventare invisibile», ma dove si danno insieme energia, colori, bellezza -, anche la poesia di Marilyn poteva essere decifrata solo dal cinema e dalla fotografia.

L’enigma da decifrare

Che posto assegnare allora alla scrittura di un romanzo che, dichiaratamente, non vuole essere l’ennesima indagine sulla sua morte, quanto una ricerca di senso, la risposta a una domanda ineludibile: perché Marilyn Monroe è ancora così viva fra tante immagini ormai morte di noi? Ricordare che la perennità dell’amore si colloca nel segno della perdita preliminare del suo oggetto, evidentemente non basta, e neppure la considerazione che «non annega mai chi può continuare a nuotare nell’immaginario». Se Marilyn fosse stata solo quel sogno di se stessa a cui Norma Jean Baker ha voluto dare corpo, o solo i suoi film e quei milioni di fotografie che compaiono nei luoghi più inaspettati del mondo, non ci sarebbero enigmi da decifrare, segreti da svelare.

Non sarebbe nata neppure l’idea da cui muove la scrittura appassionata di Grignaffini: trovare «il linguaggio segreto dei rapporti», comporre dentro una sapiente sintassi del ritmo, dei tagli, delle riprese, i tanti frammenti di sé, a cui Marilyn aveva tentato inutilmente di dare un ordine.
«Attenzione sono fatta di più di mille pezzi. Sono fragile». Parole cancellate e poi ripescate solo dopo e che sono andate a comporre il volume che le raccoglieva: Fragments. Poesie. Appunti. Lettere. (Feltrinelli). Sempre affogate nel bianco, tutte quelle parole. Mai un pieno, niente ordine. Fino a quella pagina quasi interamente bianca. La più commovente. Straziante come una vecchia fotografia. Tutto bianco. Solo una frase là in alto. Schiacciata lungo il bordo del foglio. Solo un gerundio sospeso, lassù: avendo un senso di me. Non c’era nulla prima, non c’era nulla dopo. Ma stava tutto lì. Forse, era tutto lì il segreto di Marilyn Monroe».

Il «senso di sé» Marilyn l’aveva cercato fin dentro la sua morte: «nessuno dice di aver visto un cadavere», e forse solo le fotografie di una sosia, cioè una sparizione doppia, una doppia uscita da sé, scomparire per ricomparire nella stessa forma, «dissolversi nella propria verità».

Brandelli di intimità

Ma se questo poteva bastare per dire che non era mai morta – solo scomparsa, risucchiata dalla sua stessa immagine, uscita dalla sua prigione nell’unico modo in cui poteva farlo -, di altre risposte aveva bisogno chi, come Giovanna Grignaffini, non aveva mai separato i film di Marilyn dalla sua vita, la star che era diventata dalla donna che ha lasciato tracce inequivocabili delle sue ferite – il rifiuto da parte della madre, i fallimenti amorosi, gli aborti, ecc.- della sua malinconia, solitudine, bisogno di protezione. La figura intera di Norma Jean Baker, la trasmutazione in Marilyn Monroe, il suo barcollare tra realtà e sogno, tra «offerta totale di sé» al mondo e «brandelli di intimità» tenuti al riparo dallo sguardo pubblico, nel libro si va delineando attraverso la coralità di pensieri, emozioni, ricordi, materiali ritrovati e collazionati con amore, che i protagonisti vanno depositando intorno a «Lei», «unica e plurale», nell’amore di tutti e di ciascuno.

Quella che era stata una «vita fluida e poco raccolta», sotto la pressione amorosa e lo sguardo penetrante di chi scrive, ritrova legami segreti , che ci sono sempre stati, tra la creatura prigioniera del desiderio di altri e l’idea di donna incarnata, senza ambiguità e ammiccamenti, fuori dalla fantasie del femminile ricorrenti, nell’immaginario, per conto di terzi. Importante era riuscire a saldare, in quella originale opera di montaggio che è il romanzo, l’immagine di Marilyn come «offerta integrale di sé al mondo» con i «dettagli di ordinaria quotidianità» che lei stessa ha voluto lasciare.

Per restare lì, per sempre appesa a quelle pareti e specchi, copiata e incollata a tutti quei libri, quadri, zainetti, «ci voleva del genio», è la conclusione dell’autrice: «puro genio femminile». Se Marilyn aveva avuto il dubbio di essere «solo una fantasia» – I guess I am a fantasy -, il romanzo di una singolare saggista di cinema e scrittrice come Giovanna Grignaffini, che per anni l’ha studiata e amata attraverso i suoi film, la restituisce alla memoria collettiva ,«finalmente» come il corpo intero di una donna: vita e cinema inscindibili.