Un’altra giornata ad alta tensione per Bruxelles. Il livello di allerta è rimasto massimo (4 su 4) anche per la giornata di lunedì, con rischio di attentati «serio e imminente». L’allarme scattato venerdì sera, in seguito alle perquisizioni che hanno portato alla scoperta di armi e di prodotti chimici (in particolare nel quartiere di Molenbeek) si è protratto lungo tutto il fine settimana. Le operazioni di controllo e di perquisizione delle forze speciali hanno interessato tutto il territorio della capitale belga ed hanno portato allo stato di fermo di 21 persone fra domenica sera e lunedì mattina.

Fra di essi non risulta Salah Abdeslam, il ricercato principale dell’inchiesta e presunto attentatore alle stragi di Parigi dello scorso venerdì 13 novembre. La città resta paralizzata anche per l’inizio di questa settimana. Le scuole e le università restano chiuse, così come i musei, i teatri, ed i luoghi ad interesse pubblico. Il sistema di trasporto cittadino (Stib) è anch’esso fortemente perturbato, con le quattro linee metropolitane ferme oramai da giorni. Colpito dalle misure di sicurezza anche il sistema ferroviario, con buona parte dei treni diretti a Bruxelles deviati o soppressi. «Le azioni non sono finite, continueremo fino a quando sarà necessario» ha dichiarato Jan Jambon, il ministro degli interni del governo di centro-destra, in quota al partito nazionalista fiammingo N-Va.

Nella capitale belga il livello d’allarme è il 4 (livello 3 per il resto del Belgio), il massimo a causa di un rischio di attacchi simultanei ancora possibile secondo l’Ocam (Organo di coordinamento per l’analisi della minaccia) che prevede il rischio di attacchi simultanei ancora possibile. Sarebbero 21 le persone poste in stato di fermo durante le operazioni delle forze speciali nel fine settimana, ma nella serata di ieri 17 sarebbero già stati rilasciati.

Sono state 19 in totale le perquisizioni nella città di Bruxelles ed hanno interessato i comuni di Molenbeek-Saint-Jean, Anderlecht, Jette, Schaerbeek, Woluwe-Saint-Lambert e Forest. Tutte le operazioni si sono svolte senza problemi, ha sottolineato la polizia federale in un comunicato stampa. Solo a Molenbeek una vettura si è lanciata a grande velocità contro la polizia sparando e ferendo il conducente. Le operazioni restano sotto il più grande riserbo. Nessuna informazione è stata divulgata sulle identità delle persone fermate, né sui risultati delle perquisizioni, anche se la polizia ha tenuto a precisare «non si tratta né di armi e nemmeno di esplosivi».

Salah Abdeslam, principale indagato delle stragi di Parigi, su cui pende un mandato di arresto internazionale, è sempre in fuga (forse verso la Germania), probabilmente armato e munito di una cintura esplosiva, secondo quanto rivelato dalle autorità belghe. L’attenzione degli inquirenti sembrerebbe interessare quindi anche altre città del Belgio, come Liegi e Charleroi in cui sempre nella notte fra domenica e lunedì numerose perquisizioni avrebbero portato al fermo di almeno 5 persone.

La presenza del fuggitivo, registrata nella capitale belga (ad Anderlecht e Laeken, due comuni limitrofi Molenbeek) nei giorni seguenti gli attentati di Parigi, sembra ora concentrarsi nella zona sud occidentale del paese. Secondo i media locali, nella serata di domenica, la polizia di Liegi aveva fermato ed identificato una Bmw in fuga verso la frontiera. Circostanza poi smentita dalla polizia.

«Il nostro lavoro non è finito, ma la vita a Bruxelles deve continuare» ha precisato il ministro degli interni Jan Jambon, intervistato dalla Rtbf, la televisione pubblica francofona. Nessuna precisazione è stata data da parte del ministro sulle tempistiche delle operazioni che «restano in ogni caso necessarie» ha puntualizzato Jambon ai microfoni dell’emittente pubblica. Ministro di un governo di centro-destra, in quota al N-Va, partito nazionalista fiammingo di estrema-destra. Jan Jambon era stato nei giorni seguenti gli attentati al centro di una polemica in seguito alle sue dichiarazioni su Molenbeek, sulla quale «avrebbe fatto personalmente pulizia».

Una dichiarazione che aveva fatto infuriare il sindaco di Molenbeek, Françoise Schepmans in quota M-R, partito di centro-destra e principale alleato di governo del partito di governo N-Va. Una manovra forse messa in campo per mostrare i muscoli del partito nazionalista fiammingo rispetto alla volontà di attuare una politica di governo più severa in materia di accoglienza e di migrazione.

Un’azione volta anche a mostrare l’attenzione del suo partito alla città di Bruxelles, a maggioranza francofona, enclave nella regione fiamminga.

Intanto i militari ed i mezzi blindati dell’esercito restano a far da scenario al panorama urbano di Bruxelles, che vive una realtà inedita ed inusuale. Le scuole di ogni grado, incluse le università, resteranno chiuse fino ad una prossima decisione dell’Ocam (Organo di coordinamento per l’analisi della minaccia). La Stib, il servizio di trasporto pubblico ha comunicato che le 69 stazioni metropolitane resteranno chiuse, così come tutte le linee di tram e metro sotterranee saranno soppresse fino a nuove disposizioni. Molti lavoratori del servizio di trasporto pubblico hanno rifiutato di recarsi a lavoro, hanno fatto sapere i media locali.

«Una situazione che non perturberà le linee di bus previste al momento» hanno fatto sapere dalla Stib. Strade deserte, negozi chiusi, servizi pubblici a singhiozzo sono la realtà della città di Bruxelles e che mostra i primi segni di nervosismo da parte dei cittadini che sognano oramai il ritorno della normalità.