C’è un artista in Italia che come nessun altro sa incrociare cinema, pittura e fotografia. Cortometraggi e mediometraggi insediati sulla faglia che separa la stasi dal movimento, una faglia che si apre e si chiude continuamente producendo una fissità e un movimento che rimandano a un tempo in cui l’uomo, la storia e la natura erano dentro una pressione che ora pare perduta.

Quella di Antonello Matarazzo è un’inquietudine purissima, senza retoriche. Non è classificabile come impegnato e non è un artista da intrattenimento. La sua è una postura profondamente onesta, che non si cura minimamente di fare mosse politiche che possano mettere in rilievo il suo lavoro. I suoi video, che mischiano cinema, fotografia e pittura, sono lavori rigorosi, assolutamente privi di elementi spumosi e posticci. Video calibratissimi, lavorati per molti mesi anche quando durano solo pochi minuti. Matarazzo non è un opinionista, ma un percettivo. L’opinionismo è una delle più grandi sciagure del nostro tempo e ha invaso anche il campo dell’arte. E così troppo spesso abbiamo un’arte senza scalini, appoggiata sullo stesso marciapiede dove lavorano i mercanti del frastuono.

Dodici video, sette installazioni, più due contenuti extra, un bellissimo “Video su carta” e un reportage su Antonello Matarazzo pittore, il tutto dentro un elegante DVD che avvia una nuova collana di Rarovideo (Interferenze a cura di Stefano Curti e Bruno Di Marino).

Non è cinema, non è fotografia, non è videoarte. Oggi le cose vere sono sempre un po’ inclassificabili. Le immagini non commerciano col mistero e neppure con l’ovvio. Seguono la strada della precisione, la precisione di un altissimo artigianato digitale. In questi lavori è come se le immagini fossero sottovuoto, come se Matarazzo avesse tolto l’aria dell’attualità che sta infestando tutto. Il suo sguardo si posa sul corpo e sul tempo che passa nel corpo. Emblematico da questo punto di vista il suo Karma baroque, meno di cinque minuti in cui la geografia del viso ci fa vedere i tanti paesaggi creati dal tempo. Spesso in questi video si fonde alla perfezione l’arcaico fissato nelle vecchie fotografie e le possibilità di smuovere la fissità delle foto grazie a un uso sapientissimo delle tecnologie digitali.

Matarazzo lavora a bassa voce, la sua fedeltà alle immagini è assoluta, non gli interessa il pollaio dei discorsi. Lavora a testa bassa sul corpo delle immagini e sulle immagini dei corpi, un corpo a corpo con la metamorfosi. Sentiamo che siamo in un punto cruciale dell’arte contemporanea. E spesso è un sentire angoscioso, perché questo è un tempo senza utopie e l’arte di Antonello Matarazzo non offre consolazioni. Il rischio delle sue operazioni è che ogni volta bisogna convincersi che valga la pena uscire dal silenzio e dall’accidia. Ognuno di questi lavori è un momento di intensità in una vita vissuta con grande rigore e concentrazione morale. Possiamo vedere i video e le installazioni di una persona che non ha l’agenda piena di eventi frivoli. Matarazzo non si diluisce nella vita, resta fermo, scontroso di fronte ad essa, incapace di prendersi e dare inutili confidenze.