Viene dai sindaci l’unica mano tesa alle coppie omosessuali che vogliono vedere riconosciuta la propria unione, proprio mentre il premier Matteo Renzi, impantanato nelle larghe intese, rinvia ancora una volta la legge sulle unioni civili che avrebbe dovuto vedere la luce, secondo gli annunci precedenti, entro questo autunno.

Ieri, mentre alla Camera il presidente del Consiglio, sollecitato dal capogruppo di Sel Arturo Scotto a prendere posizione nel braccio di ferro tra il sindaco di Bologna Merola e il prefetto Sodano sulla trascrizione all’anagrafe dei matrimoni gay celebrati all’estero, rimaneva sul vago annoverando la questione tra le tante riforme da fare di qui alla fine della legislatura, con uno scatto di reni il sindaco di Roma Ignazio Marino si è messo invece sulla stessa lunghezza d’onda del suo omologo bolognese e, prima ancora, del sindaco di Napoli, De Magistris. Marino ha chiesto all’Assemblea capitolina di avviare il processo per la registrazione dei matrimoni contratti all’estero, ricordando che «l’Italia è l’unico paese dell’Ue insieme alla Grecia a non avere una legge sulle unioni civili».

Eppure, dopo che a giugno la Corte costituzionale ha sollecitato il legislatore a colmare «l’attuale deficit di tutela dei diritti» delle coppie omosessuali, Renzi aveva innervosito gli stessi senatori Pd che da mesi lavorano in commissione Giustizia a due ddl improntati sul modello tedesco della civil partnership, annunciando un intervento diretto del governo. Che a nulla sarebbe servito, se non a ritardare appunto il lavoro parlamentare. In Senato infatti, come ha spiegato al manifesto (il 16/6) la stessa relatrice dei provvedimenti Monica Cirinnà, è pronta al voto favorevole una maggioranza alternativa a quella di governo, con Sel e il M5S.

E ora la disillusione delle associazioni lgbti è evidente: «Si è disorientati dalle diverse indicazioni del premier sull’approvazione di una legge sulle unioni civili – commenta Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia – Qualche tempo fa aveva fissato il termine a ottobre, ora ha detto che la legge sarà licenziata entro la fine dei mille giorni». D’altronde, «per i diritti civili non c’è mai tempo», fa notare Daniele Viotti, europarlamentare Pd e co-presidente dell’intergruppo Lgbti al Parlamento Europeo.

Soprattutto se a fianco del prefetto bolognese scende anche l’arcidiocesi di Bologna, evidentemente ancora non liberatasi dall’«ossessione» di certi temi, come aveva invece sollecitato Papa Bergoglio, che ha definito «un colpo di mano» la delibera del sindaco Merola per autorizzare la registrazione dei matrimoni gay celebrati all’estero.

«Oggi in undici secondi abbiamo ricevuto l’ennesimo rinvio e un’altra promessa a cui fatichiamo a credere. Non è ammissibile – aggiunge Viotti – vivere ancora in un Paese in cui i pochi progressi sui diritti civili sono ottenuti per decisione di amministrazioni locali coraggiose o attraverso sentenze di tribunali».

Tocca al sottosegretario Ivan Scalfarotto, delegato a seguire i lavori del Senato sui due ddl – uno che estende i diritti “matrimoniali” anche alle coppie gay e l’altro che norma tutte le unioni civili – tentare di smorzare i toni: «Renzi ha ribadito che i diritti civili sono nel programma. Nei mesi scorsi ha parlato della possibilità di un ddl governativo ma per il momento c’è la proposta Cirinnà. Seguiremo i lavori parlamentari, poi si vedrà».

Dal comune di Bologna però arriva la notizia che il prefetto Sodano sarebbe stato informato della direttiva del sindaco già prima del 21 luglio, giorno della pubblicazione. Mentre della nota prefettizia gli uffici comunali – che si dicono stupiti della «tempistica dell’intervento» – sarebbero venuti a conoscenza solo lunedì mattina, primo giorno utile per le trascrizioni dei matrimoni gay. Ma Palazzo D’Accursio non retrocede: «Se dovesse arrivare un’intimazione a ritirare la delibera, anche dallo stesso ministero – fa sapere l’amministrazione – il Comune la valuterà anche dal punto di vista legale».