Cemento, superpoteri commissariali, alta capacità ferroviaria, autostrade in project financing, vendita agevolata di beni pubblici al capitale finanziario e privatizzazioni delle società partecipate dagli enti locali. Sono le principali linee guida del Dl e del Ddl delega «Sblocca Italia» che verranno approvate dal Consiglio dei ministri di venerdì 29 agosto. Con questa filosofia del «fare» il governo Renzi intende alimentare il circolo virtuoso tra investimenti-attesa-fiducia. Un circolo basato su un mix di politiche speculative urbanistiche e finanziarie che dovrebbero generare 95 mila posti di lavoro mobilitando investimenti pari a 30 miliardi di euro, il 57% garantito dai privati. Numeri mirabolanti che più di qualcuno ha definito «farseschi» negli ultimi giorni spalmati tra bozze e dossier che attendono una definizione e per il momento sono racchiusi in una matrioska di provvedimenti.

Lo «Sblocca Italia» è composto da una norma «sblocca edilizia» (l’«ecobonus» con incentivi fiscali per adeguamento antisismico e regolazione energetica degli edifici pubblici); una norma «sblocca dissesto» che avvierà cantieri per 560 milioni di euro e altri 104 per reti idriche e fognarie. Prevista una norma «sblocca reti», un credito d’imposta su Ires e Irap per sviluppare banda larga. In vista c’è uno «sblocca porti» che modificherà gli assetti delle autorità portuali e logistiche. C’è anche uno «Sblocca Bagnoli» per la bonifica dell’area e 1 miliardo e 300 milioni per lo «Sblocca Comuni».

Ma sotto i grandi numeri c’è un tappeto di problemi. Per il Sole 24 ore dei 30 miliardi di investimenti già stanziati prospettati nella conferenza stampa del 1 agosto scorso, con ogni probabilità il governo potrà contare solo su 12 miliardi che finanzieranno opere cantierabili entro 24 mesi. Due gli esempi da fare: il primo è il leggendario progetto dell’autostrada Orte-Mestre che svetta nella cartina dei desideri illustrata dal ministro delle infrastrutture Lupi. Al di là di considerazioni legate all’utilità, da sola questa impresa faraonica vale 10 miliardi e difficilmente verrà sbloccata entro due anni, l’intervallo temporale che per il ministro dell’Economia Padoan misurerà gli effetti delle «riforme strutturali». Servono apposite delibere del Cipe, norme per aggirare la Corte dei Conti che ha avanzato dubbi sui progetti di defiscalizzazione e una gara che potrebbe anche creare contenziosi legali. C’è poi la costruzione dell’alta capacità ferroviaria Napoli-Bari per collegare il Tirreno e l’Adriatico.

Il governo vorrebbe procedere con l’accetta, conferendo poteri speciali all’amministratore delegato Fs Mario Elia, anche per aggirare la contrattazione con gli enti locali e le consultazioni con la popolazione con referendum. L’obiettivo è partire con i cantieri entro il 2016, un tempo immemorabile rispetto alle scadenze che Padoan si è autoimposto per evitare il fiato sul collo della Troika. E serve anche un’integrazione dei fondi. Ad oggi sarebbero disponibili 2,9 miliardi di euro per 6,2 di costo.

Più che gli effetti virtuosi su ripresa e occupazione, il modello dirigista e accentratore apprezzato dall’esecutivo rischia di fare piazza pulita dei contrappesi prodotti dalla negoziazione territoriale. Quando Renzi ribadisce il suo fastidio per la burocrazia, ad esempio, colpisce i poteri delle Soprintendenze che «bloccano i lavori perché si trovano dei reperti archeologici» come nel caso della metro C di Roma. La tendenza ad istituire un potere di eccezione, elemento ricorrente nella sua concezione della democrazia, si è fatta sentire anche nella polemica contro i «comitatini» locali che bloccherebbero lo sviluppo delle «grandi opere». Nella lista Renzi-Lupi ci sono inoltre cantieri che non hanno bisogno di essere «sbloccati». Questo vale per i 2,1 miliardi stanziati per le opere previste a Fiumicino, già in un progetto con scadenza decennale al 2024, oppure per le opere in corso all’aeroporto di Venezia. Elementi inseriti per fare numero.

La fretta di risollevare l’encefalogramma piatto della crescita cancellerà la ricerca di un modello di sviluppo alternativo. Lo ha fatto notare Legambiente che ha auspicato una nuova politica per le infrastrutture in un recente dossier intitolato «Sbloccafuturo». L’idea è opposta al «modello Lunardi» inseguito dal governo: puntare sul trasporto locale leggero e opere incompiute come le metropolitane di Torino, Catania, dello Stretto, i tram di Bergamo, Milano, Firenze: «La ricetta di Renzi per uscire dalla recessione è vecchia – afferma il presidente Vittorio Cogliati Dezza – Tradisce le sue promesse alle primarie su una nuova politica dei trasporti e delle infrastrutture».

Nelle bozze dello «Sblocca Italia» ci sarà spazio per la vendita dei beni pubblici, norme per facilitare la dismissione dei beni demaniali e delle caserme a fondi comuni di investimento immobiliare e ai privati. In cambio i beneficiari otterranno gratuitamente alloggi di edilizia pubblica. Un ruolo centrale lo giocherà lla Cassa Depositi e Prestiti.

L’ultima partita è quella della privatizzazione dei servizi locali: trasporti, ambienti e servizi igienici. Entro il 31 dicembre 2015 si vuole quotare in borsa almeno il 60% del capitale o cedere il 49% a un privato. Da queste cessioni il governo attende 10 miliardi di euro.