L’aula I di Lettere giovedì era gremita. Centinaia di persone, arrivate dentro la città universitaria per un’assemblea che fin dal suo lancio sui social e sui siti di movimento, aveva avuto la capacità di destare l’attenzione di tutta la variegata galassia della sinistra.

La manifestazione indetta dalla Lega Nord (con la complicità politica di CasaPound) per il 28 febbraio ha risvegliato un unitario rifiuto da parte dell’associazionismo e sindacati di base, studenti e collettivi, movimenti per il diritto all’abitare e centri sociali – una miscellanea che si è messa alla prova in un dibattito franco, aperto a differenza di appuntamenti passati, non si è imposto come artefatta discussione, ma ha evidenziato anche le diverse sensibilità di chi è intervenuto.

Scontata la convergenza su una chiamata antifascista, si ribadiva come il problema Salvini fosse altro: accreditarsi come leader dell’opposizione a Renzi e il tentativo di infiltrarsi nelle periferie, parlando al ventre molle del paese con una retorica xenofoba che ha dimostrato di essere un linguaggio conosciuto nei quartieri romani. Si ribadiva, soprattutto, la necessità di costruire un fronte collettivo che fosse in grado di smascherare la Lega di Salvini per ciò che effettivamente è, ovvero il partito che promosse la precarizzazione del lavoro con l’approvazione (nel 2003, sotto l’egida Berlusconi) della Legge Biagi; la forza politica che oggi sbraita contro l’euro in salsa sovranista ma che anni fa, sempre eternamente al governo, votò l’integrazione monetaria promossa dall’Ue; la formazione delle ronde armate, dei respingimenti e delle legislazioni omicide sulle politiche di frontiera, delle tangenti di Belsito a Salvini e degli scandali finanziari di Formigoni.

Il passaggio che si è fatto a La Sapienza, tuttavia, non può di per sé essere sufficiente. La volontà dei promotori, espressa in un breve comunicato su quanto emerso ieri, è quella di mantenere alta e vigile l’attenzione dell’opinione pubblica fino al giorno in cui Salvini radunerà le sue forze a Piazza del Popolo. Sul comunicato si parla di «un percorso unitario» che mira ad allargare la partecipazione «attraverso una mobilitazione permanente da oggi al 28, che attraverserà i quartieri e che ci auguriamo valicherà i confini della nostra città per contestare Salvini a Roma e ovunque, come successo ieri all’Aquila, oggi a Teramo e come accadrà nei prossimi giorni a Palermo».

Lo sforzo più grande, in attesa del prossimo meeting cittadino previsto per mercoledì 18 (sempre all’università), sarà quello di partorire una proposta di mobilitazione che si curi delle tante sensibilità in campo. Le parole d’ordine della partecipazione e della determinazione non sono antitetiche, ma si muovono insieme in un ingranaggio oliato dalla legittimità che un crescente consenso alla campagna può conferire alla mobilitazione del 28 febbraio. C’è bisogno, insomma, di maturità; bisogna guardare la luna e non il dito delle beghe tra addetti ai lavori, restituendo credibilità e forza alle maglie larghe dei movimenti anche attraverso la disponibilità a mettersi in discussione in una dinamica costituente e collettiva.