Poteva essere una strage, l’ennesima tragedia di migranti che si consuma davanti alle coste della Libia. Un peschereccio malandato e in grado a malapena di restare a galla partito dalle coste del paese nordafricano alla volta dell’Europa e stracarico fino all’inverosimile di uomini, donne e bambini. Quando gli uomini del pattugliatore «Bettica» lo hanno intercettato stava arrancando in mezzo all’acqua a venti miglia dalle coste libiche. E’ bastato un attimo. La vista della nave della Marina militare italiana, in servizio nel Canale di Sicilia con l’operazione «Mare sicuro», ha acceso l’entusiasmo tra i disperati a bordo del peschereccio, che hanno cominciato ad accalcarsi tutti lungo lo stesso lato dell’imbarcazione. Una scena già vista, un pericolo costante delle operazioni di salvataggio che in passato è stata causa di numerose tragedie.

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Anche questa volta l’improvviso spostamento del peso ha provocato il rovesciamento della carretta del mare che prima si è inclinata fino a toccare il pelo dell’acqua con il bordo sinistro, poi si è piegata ancora rovesciandosi su se stessa. Inevitabile, per chi si trovava sul peschereccio, essere scaraventato in acqua. In un momento il mare si è riempito di centinaia di corpi, mani che chiedevano aiuto, urla disperate. Dalla Bettica sono intervenuti subito calando alcuni gommoni in soccorso dei migranti e chiedendo l’intervento della fregata «Bergamini», anche lei in zona, che inviato un elicottero in aiuto. Sono state lanciate sei zattere gonfiabili dove i naufraghi hanno trovato riparo. Il bilancio finale dell’operazione parla di cinque migranti morti e 567 salvati dagli uomini della Marina, ma poteva essere molto più pesante. Un uomo è stato salvato grazie alla respirazione artificiale. Tutti i migranti si trovavano ieri sera a bordo della «Bettica» diretti verso un porto siciliano.
C’è il rischio che, con l’arrivo della bella stagione, scene come quella che si è vista ieri nel Canale d Sicilia possano ripetersi sempre più spesso. La situazione di instabilità in cui si trova la Libia non fa altro che alimentare le partenze dei migranti, obbligati spesso a prendere il mare proprio dai trafficanti che vedono in una possibile, per quanto ancora difficile, pacificazione del paese un ostacolo ai loro affari. E che proprio per questo riempiono barche sempre più precarie con centinaia di persone abbandonate poi al proprio destino.

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Finora le navi impegnate nell’operazione «Mare sicuro», come quelle che operano all’interno della missione europea EunavforMed-Sophia, possono intervenire in soccorso dei migranti solo quando le imbarcazioni sulle quali si trovano arrivano in acque internazionali. Una situazione che però, almeno per quanto riguarda la missione europea, potrebbe cambiare nei prossime settimane. E’ stato infatti lo stesso comandante di Eunavfor-Med, l’ammiraglio Enrico Credendino, ha spiegato come in tempi brevi potrebbe vedere la luce una guardia costiera libica addestrata da personale europeo. Un passaggi fondamentale, che permetterà così anche alla missione guidata da Credendino di intervenire in salvataggio dei migranti in acque libiche, proprio là dove oggi si verifica un gran numero di naufragi. E otto motovedette italiano sono già pronte per essere consegnate ai nuovi equipaggi libici.
Per far questo però, serve tempo e soprattutto serve una richiesta specifica di intervento da parte del premier di Tripoli Serraj e una risoluzione Onu che dia il via libera alla nuova fase della missione.
Intanto proseguono senza sosta le operazioni di salvataggio. Dopo gli oltre duemila migranti di martedì, ieri altri tremila sono stati tratti in salvo al largo della Libia nel corso di a23 operazioni di soccorso coordinate dalla sala operativa della Guardia costiera. A intervenire sono stati, oltre ai diverse navi della Guardia costiera, anche mezzi di EunavforMed, della ong Sos Mediterranee, un mercantile e due rimorchiatori in servizio alla piattaforme libiche.