Buonismo. «Supercazzola di sinistra». O anche «immondizia ipocrita», sempre di sinistra. Il tam tam era partito subito, poche ore dopo il voto dei due senatori del M5S in commissione giustizia a favore dell’emendamento che abroga il reato di clandestinità. A rinserrare le fila sul «non-programma», mantenendo fissa la barra a destra, è un tale Tinazzi, alias di Ernesto Leone. Nome che dice poco a chi non mastica i social network grillini, ma che pesa – e tanto – nell’universo dei 5 stelle. E’ l’organizer di un gruppo particolarissimo, conosciuto con il nome in codice «meetup 878». Senza un territorio, trasversale, contenitore ormai collaudato dei duri e puri, di quei pasdaran della linea ortodossa di Beppe Grillo e Gian Roberto Casaleggio. Circolo di riferimento per alcuni eletti, a iniziare dalla senatrice Paola Taverna, neo capogruppo al Senato, fino al deputato Alessandro Di Battista (che partecipa spesso alle loro riunioni), leader in ascesa del movimento.

Ernesto «Tinazzi» Leone sulla bacheca del meetup 878 aveva spiegato bene qual è la linea ufficiale sul tema migrazione, molte ore prima del post di Grillo: «Con un emendamento il movimento 5 stelle abolisce il reato di clandestinità, seguito a ruota dal Pd. Questa è una scelta grave e seria che alcuni nostri parlamentari hanno compiuto in buona fede, ma che doveva essere discussa e votata sul portale del movimento, oggi chiamato sistema operativo. E’ un invito a venire allegramente in Italia. Andate e moltiplicatevi in little Italy dove c’è prosperità e lavoro per tutti. Fate quello che vi pare, ma non prendetemi per il culo». E ancora, in un secondo post pubblicato mercoledì sera: «Basta con il facile protagonismo. Esiste un altro movimento M5S che fa esattamente il contrario, cavalcando un buonismo, diventato stupidismo e visto il problema immigrazione, emenda una amnistia/indulto togliendo dai reati la clandestinità».

Da tempo il gruppo 878 – con a capo l’ex manager di multinazionali Ernesto Leone – si è assunto il ruolo di «manganellatore» all’interno del M5S. Non ha una veste ufficiale e riconosciuta, ma un peso molto forte sulla rete, dove riesce a agglutinare quella base informe nata e cresciuta attorno al blog di Beppe Grillo. Gente che ha una fede assoluta e incrollabile nelle teorie cospirazioniste del signoraggio, che mal sopporta l’intera sinistra, vero obiettivo da abbattere, spesso antieuropeista. L’elenco dei 511 attivisti è blindato e accessibile solo a chi entra nel circolo. Una scelta che, all’interno del movimento nel Lazio, aveva causato qualche polemica, soprattutto prima delle elezioni. E’ però chiara la direzione dell’influente gruppo. L’intervista sul blog di Grillo a Nigel Paul Farage, leader del partito antieuropeista e conservatore britannico Ukip, ha riscosso, ad esempio, un notevole successo, tanto da essere definita «brillante». Ma altrettanto dura è la loro battaglia per espellere dal movimento chi non si allinea: «La base M5S non vede l’ora di andare a nuove elezioni per liberarsi di non tanti (ma nemmeno pochi) cialtroni che ha messo dentro e che nulla c’entrano col movimento 5 stelle per processi sbagliati in parte», scrive Ernesto «Tinazzi» Leone il 13 agosto scorso. L’obiettivo dichiarato è quello di isolare chiunque non segua l’indicazione di Grillo e Casaleggio, che puntano alle elezioni anche a costo di mantenere il Porcellum, evitando con cura ogni forma di dialogo con gli altri gruppi parlamentari: «Oggi il pretesto per gente che ha vinto la lotteria delle parlamentarie è la legge elettorale, alibi per cercare di apparentarsi col Pd. Man mano vengono fuori nuove persone, emergono da riempilista, nonne, zie, mamme senatori di deputati, ex quadri direttivi di Sel, segretari di partito, ex candidati nei partiti, partecipanti a primarie Pd, che da tavolazziana memoria fottono e chiagnono per la mancanza di dibattito, democrazia interna, dialogo e politica», prosegue il leader del meetup 878.

Il nocciolo duro del M5S – ovvero quel cerchio magico stretto attorno a Grillo e Casaleggio – sta apertamente puntando a recuperare i voti in fuga della destra populista. A cominciare dalla Lega nord. L’alleanza sui temi economici che Casaleggio ha stretto con i piccoli imprenditori veneti della Confapri – think tank veneto diretto dall’imprenditore Massimo Colomban – è esemplare. Dalle commissioni parlamentari, fino ai dibattiti pubblici i fedelissimi richiamano moltissimi temi cari al centrodestra, a partire da quello delle tasse. E oggi degli immigrati. Da anni, poi, Grillo spara a alzo zero contro le rappresentanze sindacali, tanto da proporre un «non sindacato» fotocopia del «non movimento».

I militanti del nord est di stretta osservanza – come l’ex consigliere comunale di Treviso David Borrelli – non negano di puntare a raccogliere il consenso tra i leghisti delusi, che rappresentano una buona fetta dell’attuale base elettorale grillina. Chi non accetta la linea – come Paola De Pin, uscita dal gruppo del senato qualche mese fa – viene pubblicamente bastonato dal quel «popolo della rete» tanto caro al gruppo 878: «Ha tradito il suo elettorato, è un’opportunista e basta, mi auguro solo che l’abbia fatto per i soldi di cui spero abbia un estremo bisogno», è uno dei commenti sulla pagina Facebook del meetup di Tinazzi.

C’è da scommettere che a breve inizierà il linciaggio nei confronti dei due senatori che in commissione hanno votato l’abrogazione del reato di clandestinità. Il manganello della rete è dietro l’angolo, pronto a colpire.