Bob Dylan è stato dato per musicalmente morto almeno due volte, salvo sbigottire i dolenti con resurrezioni trionfali. Era un «has been» già nel 1973: prima di smentire i necrologi con una serie di album considerati oggi tra i migliori. Era un attempato ricordo alla fine degli anni ’90: da allora ha inciso sette cd uno meglio dell’altro, inclusa l’ultima rivisitazione di Sinatra, Shadows in the Night.

Però, senza togliere nulla ai capolavori precedenti o a quelli successivi, la cresta dell’onda è stata il biennio 1965-66. Se la produzione di Bob Dylan fosse limitata a quella fase breve e scintillante, in realtà appena 18 mesi di cui 14 di sessions in studio, la statura dell’artista non sarebbe diminuita di un millimetro. Se al contrario fossero cancellati quei pochi mesi febbrili, lo si considererebbe oggi «solo» un grande cantautore. In quel picco creativo Dylan incide Mr.Tambourine Man, Love Minus Zero, It’s All Over Now Baby Blue, Like a Rolling Stone, Desolation Row, Visions of Johanna, Just Like a Woman, Sad-Eyed Lady of the Lowlands, solo per citare i pezzi universalmente noti. Scandalizza il pubblico politicamente corretto di Newport elettrificando il folk per coniugarlo con il rock, insieme al primo vero genio del blues bianco, Mike Bloomfield, e con il grande con Al Kooper all’organo. Traversa l’Europa, spalleggiato dalla Band, in una tournée che la stupidità dei benpensanti radical trasforma nella più fischiata di tutti i tempi, oltre che in una delle migliori che la storia registri. Nascono in studio, tra il gennaio 1965 e i primissimi mesi dell’anno successivo, i tre più significativi album incisi dal ragazzo di Duluth, Bringing It All Back Home, Highway 61 Revisited e Blonde on Blonde. La semplice protesta se la era già lasciata alle spalle nel 1964: il passo successivo è attingere alla potenza visionaria che animava anche le migliori canzoni precedenti, prendere senza timidezze a modello i poeti maledetti francesi e quelli beat americani, ma allo stesso tempo rivoluzionare i folk mixandolo con potenti dosi di rock’n’roll.

Il miracolo di quell’irripetibile fase creativa è registrato fedelmente nel dodicesimo volume delle Bootleg Series, che la Columbia sforna con regolarità, alto livello tecnico e meritato successo sin dal 1991. Si chiama The Cutting Edge (più o meno: «All’avanguardia») e ce ne sono tre diverse versioni: la prima e più abbordabile è un tipico «best of» in due cd. Comprende 36 pezzi, tutti inediti tranne due e per chiunque apprezzi anche solo un po’ il massimo autore degli ultimi 50 anni è imperdibile.

Per i fan, versioni anche molto diverse dall’originale dei capolavori di Bob Dylan non sono una novità. Si tratta in fondo del principale «performing artist» vivente, secondo la definizione coniata dal compianto Paul Williams, dunque di un artista che rivisita e reinterpreta in continuazione le sue canzoni. In questo caso però non si tratta di reintepretazioni, ma di progressive messe a punto dell’idea originale, e il risultato è in molti casi sorprendente. Soprattutto le canzoni di Blonde on Blonde, sono infatti proposte in versioni diverse ma degne del confronto con quelle note, decisamente più accelerate e rockeggianti, ma anche i pezzi registrati per i due album precedenti riflettono alla perfezione la trasformazione di quello che all’inizio del 1965 era ancora un cantante folk, sia pure il migliore, in artista in tutti i sensi «all’avanguardia».

Chi davvero ma Dylan, però, non potrebbero mai accontentarsi della versione corta del boxset, nella quale si perde completamente il senso della progressiva messa a punto e della sperimentazione musicale, restituito invece perfettamente dal cofanetto completo in 6 cd, uno dei quali occupato solo dalle diverse registrazioni di Like a Rolling Stone. La terza versione conta 18 cd, contiene tutto quanto registrato in studio in quei 14 mesi ed è disponibile, in 5mila copie numerate, solo acquistandola on line presso il sito www.bobdylan.com. Per un ascoltatore di interesse limitato è maniacale, per i fan è da perderci la testa. Certo, il prezzo è salato: 600 dollari. Però c’è sempre Torrent…