A Bologna l’unico partito da battere, da sempre, è il Pd. Che dopo mesi di guerre interne è riuscito a compattarsi attorno ad un sindaco in cerca del secondo mandato, Virginio Merola. I conti, sotto le Due Torri, se li stanno facendo tutti sondaggi alla mano. E a guardare i numeri l’impresa di mandare a casa i democratici è difficile se non impossibile. Si tratta piuttosto di capire se Merola riuscirà a spuntarla al primo turno, e per lui sarebbe una prova di forza soprattutto verso il suo stesso partito, o se il sindaco dovrà affrontare le incognite del ballottaggio.

Il Pd non andrà alla prova del voto isolato. Per agguantare la vittoria i dem si sono coperti con la lista della prodiana Amelia Frascaroli, che ha dato riparo a tutti coloro che non hanno condiviso l’operazione Sinistra Italiana. E con due differenti liste di centro. Voti che saranno utilissimi in un eventuale secondo turno.

Per tutti molto dipenderà dalla performance del Pd e dal livello di astensionismo. Un successo del non voto – e le scorse regionali hanno visto l’astensionismo arrivare al 60% – potrebbe favorire i democratici che contano su una base solida e disciplinata.

A sfidare Merola il centro destra dalla leghista Lucia Borgonzoni, il Movimento 5 Stelle di Massimo Bugani, i centristi di Ncd e Udc guidai dall’ex compagno di partito di Borgonzoni Manes Bernardini. E Coalizione civica, formazione che ha messo assieme molti pezzi della sinistra bolognese e che dovrà prima di tutto fare i conti con i sondaggi che non la danno mai sopra il 10%. Quindi fuori dal ballottaggio a cui invece ambiscono grillini e destra.

La campagna elettorale dei pentastellati di Bugani, da pochissimo entrato nello staff di Casaleggio jr, tenta di trasmettere agli elettori un’idea di città basata su merito, trasparenza amministrativa e cultura. Ma Bugani, che ha già presentato la sua squadra di futuri assessori, dovrà prima di tutto fare i conti con le lotte fratricide che da tempo lacerano il movimento cittadino. A forza di espulsioni e polemiche il “candidato naturale” Bugani – così lo ha definito Luigi Di Maio – si è fatto più di un nemico.

La strategia dei 5 Stelle resta quella di presentarsi come l’unica forza in grado di mandare a casa Merola. Una Lega così caratterizzata a destra, questo il ragionamento grillino, non riuscirebbe mai a insediare il Pd in una città dove, giusto per fare un esempio, Matteo Salvini è sempre stato sistematicamente contestato.

A contendere al Movimento 5 Stelle il ruolo di seconda forza in città c’è la leghista Lucia Borgonzoni, candidata scelta direttamente da Salvini e imposta ai recalcitranti berlusconiani. Alla fine dietro il nome di Borgonzoni si sono accodati tutti: Forza Italia, Fdi, liste d’appoggio. La campagna della candidata sindaco del Carroccio per il momento resta fedele alla retorica salviniana: lotta al degrado, agli immigrati («clandestini»), ai «parassiti» dei centri sociali. Anche con toni a volte così sopra le righe da fare notizia. Il capogruppo di Forza Italia in Regione Galeazzo Bignami è stato immortalato sulle pagine di Repubblica vestito da nazista («foto di 10 anni della mia festa di addio al celibato», si è giustificato), una candidata leghista è stata allontanata dopo che la locale Radio Città del Capo ha scovato una sua frase violentissima, «accendi i forni», riferita all’accoglienza da riservare ai migranti. «Colpa di un hacker», è stata la giustificazione di una candidata che quando deve esprimersi su avversari politici e migranti ci va comunque pesantissima, e non è certo l’unica della sua area politica.

Interessante politicamente è l’operazione di Manes Bernardini. Sostenuto in questa tornata elettorale da Ncd e Udc, Bernardini ha già sfidato Merola 5 anni fa alla testa del centro destra e con in tasca la tessera della Lega. Ha perso, si è scontrato con Salvini nel 2014, ha perso di nuovo ed è stato messo alla porta. Uscito dal Carroccio ha virato verso il centro, la sua parola d’ordine ora è «trasversalità» e in caso di secondo turno i suoi voti potrebbero valere oro. Nel caso, viste le dichiarazioni non bellicose di una vecchia volpe della politica come Pierferdinando Casini (che a Bologna è di casa), i consensi di Bernardini hanno più di una possibilità di finire sul piatto Merola. E se così sarà le conseguenze politiche in termini di riposizionamento della giunta sono facilmente immaginabili.

Infine c’è Coalizione civica, che da sinistra propone un’alternativa al governo del Pd. Se strappare Bologna ai democratici è da molti considerato un miracolo, visti i sondaggi – mai sopra il 10% – per arrivare al ballottaggio i coalizzati di miracolo dovranno farne un altro paio. Coalizione ha raccolto al suo interno quasi tutta la sinistra bolognese, dai centri sociali Tpo e Làbas agli ex 5 stelle passando per i civici, i militanti di Sinistra Italiana, il gruppo dell’ex assessore Ronchi, i civatiani di Elly Schlein. A guidarli il giuslavorista dell’Università di Bologna Federico Martelloni, unico candidato sindaco ad essere stato scelto passando dalle primarie. «Le città del cambiamento sono una possibilità concreta. A Barcellona con Ada Colau è successo. Dalle piazze e dai picchetti anti sfratto al governo di una delle più grandi città d’Europa», ha detto due giorni fa Martelloni.

Se le Due Torri diventeranno un laboratorio politico nazionale per tutta la sinistra lo diranno i risultati del 5 giugno.