Li abbiamo visti i club di barrio in Argentina, dove campioni del passato allenano squadre di ragazzini (e oggi anche di bambine), dove ogni spazio all’aperto è buono per fare una partita: in uno di questi club, il Grandoli, a Rosario è cresciuto Leo Messi, a cui Alex de la Iglesia dedica un film, Messi in programma alle Giornate degli Autori in una proiezione che ha visto riuniti critici di tutte le bandiere. Ancora aleggiano sul soffitto della sala le magnifiche streghe della sua opera presentata a Venezia lo scorso anno, La brujas de Zugarramurdi, e un extraterrestre entra in scena, un genio, un eroe, un mostro: sono queste le definizioni che danno del campione del Barcellona e della nazionale argentina gli addetti ai lavori in apertura del film.

In Argentina in regista va ad incontrare compagni di scuola, maestri, allenatori e compagni di squadra, e costruisce l’epopea affettuosa del campione sulla base della solidità dei suoi affetti familiari e della cura con cui è sempre stato accompagnato nel corso della carriera. Nessuno avrebbe potuto immaginare che quel ragazzino che aveva già tredici anni ma sembrava ancora un bambino, avrebbe fatto strada sul campo di calcio. Una carenza di ormoni, infatti, ne impediva la crescita. Si faceva comunque notare (che sai fare? di tutto, risponde la prima volta che scende in campo, i beati tempi del 16 a zero…), sorprendeva per la sua velocità e non appena cominciò a sottoporsi alle cure adatte il suo fisico si irrobustì.

Fare un documentario a base di interviste sembrerebbe la cosa più difficile da realizzare per la sua ovvietà, ma Alex de la Iglesia con il gusto di un allenatore che ha bene in mente il suo schema e ancora di più con il suo spirito anarchico e irrispettoso delle regole, mette insieme tutti i protagonisti in un ristorante e li fa interagire.

Così in diverse tavolate gli amici d’infanzia raccontano episodi e mostrano fotografie, in un altro le insegnanti lo perdonano ancora per il suo scarso interesse per le materie, allenatori come Cesar Luis Menotti, ex commissario tecnico della nazionale e giornalisti ne analizzano le caratteristiche sorprendenti, in un altro ancora a Barcellona, senza soluzione di continuità, Cruyff, Valdano, Iniesta, Mascherano e giornalisti fanno altrettanto.

Scorrono le scene di riprese sui campi delle giovanili, la convocazione al Barcellona, il contratto che tarda più di un anno a essere firmato. Scende in campo contro la Juve a 17 anni, con Ronaldinho forma una coppia speciale (l’uno calciatore di barrio, di quartiere, l’altro di playa), si divertono a giocare insieme, la squadra lo protegge, Guardiola amministra la sua genialità. Sembra un altro mondo rispetto al nostro campionato: cura, attenzione, divertimento, affetti familiari. E si racconta anche il tempo delle cadute, ma molte più sono le vittorie, e i gol sorprendenti (e il flash su Mourinho è tutto un programma).

Piccolo, mancino, testa bassa con le caratteristiche della verticalità e della velocità: a chi può assomigliare? a Maradona, certamente. Ma Messi in campo c’è sempre, dicono gli esperti, non di tanto in tanto. Anzi, Messi, dicono, è l’argentino che noi vorremmo essere, di successo e che gira il mondo, mentre Maradona è l’argentino che noi siamo, piuttosto peleador, attaccabrighe esagerati e con un sacco di problemi.