Cresce la rabbia, in Messico, per il massacro di Iguala e la scomparsa di 43 studenti. I fatti si sono verificati il 26 settembre nello stato del Guerrero. Quel giorno, polizia locale e bande armate hanno assalito a diverse riprese alcuni pullman di «normalistas», come vengono chiamati gli iscritti alla Normale Rurale e in quel caso appartenenti alla scuola di Ayotzinapa. Gli studenti protestavano contro le privatizzazioni della scuola pubblica e la discriminazione di cui soffrono gli itituti rurali nella regione.

Quel giorno è stato attaccato anche un pullman di calciatori di ritorno dallo stadio, probabilmente scambiati per «normalistas». Sei ragazzi sono stati uccisi (uno dei quali presentava evidenti segni di torture), altri 25 sono rimasti feriti e 58 sono scomparsi. Un gruppo, che si era nascosto per sfuggire alla morte, è poi rientrato a casa, gli altri non si sono più trovati. Da allora, gli studenti – che appartengono a un gruppo di scuole di forte tradizione politica radicale – non hanno smesso di chiedere i conti al governo. Dopo aver assediato il palazzo del municipio e quello del governatore, ora continuano le agitazioni bloccando strade, aeroporti e raffinerie. E non sono più soli.

Il presidente (neoliberista) Enrique Peña Nieto ha ricevuto i familiari degli scomparsi, ma nessuno ha creduto alle sue rassicurazioni. Non è un mistero, infatti che tra i suoi più stretti collaboratori, quattro sono ex governatori degli stati in cui più stretto è l’intreccio tra mafia e politica, tra violenza e corruzione. Il sindaco di Iguala, Luis Abarca, ora ricercato per aver ordinato il massacro, era già stato messo sotto inchiesta per i suoi legami coi narcotrafficanti dei Guerreros Unidos, ma l’indagine non aveva poi avuto corso.

E non a caso. Le testimonianze di alcuni pentiti dei Guerreros, arrestati dopo il massacro, stanno portando in luce un esteso verminaio. E ora sono indagate alte cariche della magistratura locale e della polizia. Ma chi controlla i controllori? Sotto inchiesta anche il governatore di Guerrero, che ha chiesto un periodo di pausa per salvare la faccia ed è stato sostituito da un omologo ad interim, Rogelio Ortega Martinez. Quest’ultimo ha sostituito alcune cariche del suo gabinetto, nominando anche alcune figure provenienti dalle lotte sociali.

L’inchiesta ha preso avvio dopo le testimonianze degli abitanti che hanno visto la polizia consegnare ai Guerreros un gruppo di 17 studenti. Dagli arresti che ne sono seguiti – una quarantina di poliziotti e 10 civili, alcuni dei quali Guerreros – si è saputo che gli studenti sono stati uccisi e bruciati. Da allora si cercano i loro corpi nelle fosse comuni che i pentiti hanno fatto scoprire. In alcune di queste sono stati trovati anche pezzi di zainetti, scarpe e materiale didattico, ma la commissione d’indagine ha concluso che i resti non appartengono agli studenti scomparsi.

Secondo le associazioni dei familiari, che hanno nominato un gruppo di antropologi forensi provenienti dall’Argentina, le autorità hanno però voluto concludere troppo in fretta, ostacolando il lavoro degli argentini. Si era anche sparsa la voce che gli studenti fossero nelle mani dei Guerreros e che fosse stato chiesto un riscatto, ma il governo ha smentito, sostenendo di non poter garantire che i ragazzi siano ancora in vita.