Ad alzo zero contro il Messico e contro i media, un «vero partito di opposizione che deve tenere la bocca chiusa», tuona in un’intervista lo «stratega» della Casa Bianca Steve Bannon.

Mentre al termine di una giornata di crisi su entrambi i lati del Rio Grande, il portavoce della Casa bianca ha detto ai giornalisti in volo sull’Air Force One che Trump è pronto ad aumentare i dazi del 20% per tutti i prodotti importati dal Messico, usandoli per finanziare il muro. Un’iniziativa che, secondo il presidente, migliorerebbe le relazioni con il Messico.

[do action=”quote” autore=”Steve K. Bannon”]«I media dovrebbero tenere la bocca chiusa e ascoltare per un po’. Ancora non capiscono perché Trump ha vinto. Sono il vero partito di opposizione»[/do]

La reazione messicana è stata ben diversa: il presidente Peña Nieto ha prima informato che tutti i consolati messicani su territorio americano sono stati ora convertiti in sportelli informativi e legali per migranti, poi, a seguito di un tweet del presidente Usa che affossava il vertice programmato per il 31 gennaio, Peña Nieto ha cancellato l’incontro previsto per martedì prossimo a Washington.

Il presidente messicano Pena Nieto
Il presidente messicano Peña Nieto

 

IL MURO non è solo un problema tra Usa e Messico; c’è anche un altro piccolo problema, ed è la Tohono O’odham Nation, tribù di nativi americani che controlla circa 75 miglia del confine tra Stati uniti e Messico.

I leader nativi americani hanno già detto più volte di non voler dividere il territorio. Verlon M. Jose, vice presidente della Tohono O’odham Nation, non è andato per il sottile, e sul Native News Online ha affermato che il muro si farà solo «passando sul mio cadavere».

Sulla politica interna, dopo la serie di ordini esecutivi firmati negli scorsi due giorni, Trump ora spinge per una «grande indagine» sul voto, sostenendo che durante le ultime elezioni che l’hanno visto vincitore, milioni di persone avrebbero votato illegalmente, impedendogli così di vincere il voto popolare che invece è andato ad Hillary Clinton per ben 3 milioni di preferenze.

QUESTE AFFERMAZIONI categoriche hanno attirato una condanna bipartisan anche perché Trump non ha offerto prove concrete a loro sostegno e tutto si basa, come ha riferito ai leader del Senato, su un aneddoto non verificato proveniente da un solo seggio elettorale in Florida, raccontato da un golfista tedesco.

Tutte queste polemiche e prese di posizione di Trump sono puntualmente pubblicizzate sul suo account personale di Twitter, a cui ha anche affidato una polemica extra, con la militare Chelsea Manning che ha recentemente ricevuto una commutazione di pena da parte di Barack Obama.

«L’INGRATA TRADITRICE Chelsea Manning, che mai avrebbe dovuto essere scarcerata, ha definito il presidente Obama un leader debole. Terribile!», ha twittato Donald Trump facendo riferimento ad un articolo scritto da Manning sul Guardian.

«Barack Obama ha lasciato un retaggio progressista, sfortunatamente, nonostante la sua fede nel nostro sistema e il suo ottimismo ci sono state poche realizzazioni concrete» concludendo che «ciò di cui abbiamo davvero bisogno è un leader progressista forte che ci guidi senza rimorsi» e che non faccia compromessi con i repubblicani che evidentemente non hanno alcun progetto di collaborazione.

Più che un attacco diretto a Obama è parso in tutto e per tutto un attacco proprio al neo inquilino della Casa bianca Donald Trump.

IL SOLO MOMENTO in cui Trump ha lasciato Twitter è stato durante la visita al meeting del congresso repubblicano a Philadelphia, dove, con toni ancora più da campagna elettorale che da presidente, ha affermato di voler lavorare spalla a spalla con quel partito che non lo sostiene compattamente, a patto che lo segua in tutte le sue decisioni.