La Milano laica è scesa in piazza. Stanche dei tentennamenti del governo sui diritti degli omosessuali, del silenzio calato sui temi del fine vita e della fecondazione assistita, preoccupate per gli attacchi alla scuola pubblica e dalle continue erosioni di senso e di attuazione della 194, migliaia di persone si sono ritrovate ieri pomeriggio in pieno centro, dietro al Castello Sforzesco. Una festa dichiarata per la laicità, dal titolo esplicativo «Le nostre vite, la nostra libertà», con decine di ospiti e parecchia buona musica ad intervallare la maratona di interventi. Un filo rosso, la laicità appunto, e cinque temi chiave per declinarlo. Come dice Lella Costa, tra i primi ad assicurare la propria presenza: «È giusto, direi ovvio, essere in piazza per chiedere più diritti: dovrebbe essere una battaglia comune, condivisa anche da chi di quei diritti non si avvarrà mai».

L’idea di una manifestazione nazionale per rivendicare la laicità dello Stato è nata dai Sentinelli di Milano, il movimento che da un anno ormai si batte per i diritti civili: «C’ è sempre più voglia di reagire, con un’indignazione che viene da lontano – spiega il loro leader, Luca Paladini – Il nostro obiettivo è pressare la politica perché torni a trattare questi temi».

Tra gli organizzatori, anche l’associazione radicale Certi diritti, la Luca Coscioni, la Uaar (Unione degli atei e degli agnostici), la Chiesa Pastafariana, con una lista di adesioni lunga e parecchio articolata, che va dalla galassia Lgbt ad Emergency Milano, dai Giovani Democratici a varie associazioni studentesche, comprese pure realtà cattoliche, come la Comunità di don Gallo. Anche Susanna Camusso ha dato la sua personale adesione, e infatti arriva in piazza da privata cittadina, prima di venire trascinata sul palco per un breve intervento: «Ci sono – dice – perché credo ci sia un grande bisogno di tornare a parlare delle persone, della loro libertà e delle loro scelte». E con poche parole fa piazza pulita delle perplessità di quanti vogliono vedere una dicotomia tra i temi dei diritti civili e quelli del lavoro: «La libertà riguarda anche il lavoro – spiega – che sta sempre più diventando pura merce di scambio. Oggi la battaglia del lavoro è proprio una battaglia di libertà. Solo un esempio: l’obiezione di coscienza sulla 194 riguarda proprio la libertà nel proprio lavoro, oltre che il tema della laicità. Lavoro e diritti delle persone sono assolutamente connessi tra loro».

Stretta tra i Family day, la diffusione dell’ideologia gender e i convegni di matrice leghista sul valore della «famiglia tradizionale», proprio nel giorno in cui in Vaticano esplode il caso del coming out del prelato polacco Kzysztof Charamsa, Milano risponde. «Un’ulteriore conferma di come questa città rappresenti un laboratorio politico in un Paese medievale», dice Pierfrancesco Majorino, assessore comunale Pd nonché candidato alle primarie del centrosinistra per le amministrative dell’anno prossimo, anch’egli in piazza. Sul palco, intanto, tra i più applauditi parla don Franco Barbero, che per anni in Piemonte ha sposato coppie omosessuali: «O la misericordia è seguita dalla laicità dei diritti – scandisce – o si riduce a pura ipocrisia». Dopo la sua, arriva la voce di Mina Welby attraverso un videointervento che apre con uno slogan: «Diritto di amare, diritto alla laicità, diritto dei morenti». «Che questa sia una festa per tutta l’Italia – riprende poi – dove tutti abbiano il dovere di rispettare tutti».

E sul tema del fine vita interviene anche Beppino Englaro, per raccontare il calvario della figlia Eluana e il suo come genitore, perché ne venissero rispettate le volontà: «I medici – ricorda – invocavano la scienza, la coscienza, il codice di Ippocrate. E i nostri diritti? Siamo andati avanti, forti dei principi costituzionali, ma abbiamo dovuto attendere 15 anni e la decisione della Cassazione a favore del principio dell’autodeterminazione medica». «Il punto è – dice ancora – che non spetta alla magistratura dare risposte, dovrebbe essere la politica a farlo».

Ma la politica non dà segnali di accelerazione: «Abbiamo sperato che Renzi e Cirinnà dicessero il vero quando affermavano fosse la volta buona – interviene Anita Pirovano, segretaria milanese di Sel – Invece anche il 2015 si chiuderà con un cronico ritardo». In controtendenza, come sempre, il messaggio di Emma Bonino, che ha voluto esserci, anche lei, con un video: «Dobbiamo resistere – dice – Bisogna far rivivere una nuova epoca che parli di diritti civili. Sta a noi trovare rigore, tenacia e forza».