Milano non si è mai piaciuta come in questi anni. La città continua a guardarsi allo specchio e in un eccesso di narcisismo arriva al punto da inventarsi un nuovo quartiere che non esisteva. Si chiama NoLo (Nord Loreto), è uno spicchio di città popolare – operaia si diceva un tempo – che ultimamente ha attirato giovani precari e stranieri per il semplice fatto che il mercato immobiliare da quelle parti presenta un conto un po’ meno da strozzini che altrove (le case costano il 20% in meno che nel resto della città). Astuta operazione di marketing immobiliare ma anche giustificato orgoglio di chi partecipa attivamente alla vita di un quartiere da sempre vivace e multietnico (zona via Padova). Dicono che adesso se la spassa a NoLo la parte più creativa e pop della città. Esagerazioni che rinforzano il «marchio» e che sono il segno di una vitalità gradevole, che presto comporterà un aumento dei prezzi e l’immancabile processo di gentrificazione che trasforma i quartieri pop di Milano.

Milano è così, sa reinventarsi. Anche piacevolmente, almeno per tutti coloro che in qualche modo riescono a mettere insieme il pranzo con la cena.
E gli altri? Sono relegati nelle statistiche del disagio sociale, cittadini che non fanno tendenza, sono lo scandalo di una città vetrina che produce ricchezze enormi che solo per decenza viene denunciato da tutti i candidati sindaco – giusto il tempo della campagna elettorale.

Persone che non hanno una casa, migliaia di cittadini che vivono l’angoscia di perderla da un momento all’altro. Dice il segretario del Sicet, Leo Spinelli, che Milano non ha mai avuto una situazione così drammatica da punto di vista abitativo (probabilmente anche a NoLo), nonostante cinque anni di «rivoluzione arancione».
Ci sono 23 mila famiglie in attesa di un alloggio a canone sociale (ogni anno si aggiungono circa 5 mila persone). La disperazione riguarda più di 200 famiglie che vivono in strada dopo essere state sfrattate da privati. E gli sfratti in esecuzione sono 14 mila.

Fino a qualche anno fa a Milano nessuno veniva sbattuto in mezzo a una strada senza alternative, un albergo o un riparo di emergenza. Oggi non è più cosi, spiega il Sicet.
C’è una vergogna nella vergogna, e nessun candidato sa spiegare perché: nella città dei nuovi grattacieli di quarzo di proprietà degli emiri del Qatar ci sono circa 10 mila appartamenti pubblici vuoti. Riassegnati nemmeno uno. Ma non si può dire che il comune di Milano sia rimasto con le mani in mano, visto che fa a gara col centrodestra vantandosi di averne sgomberati circa 400. Un bel record.

Nel frattempo, in attesa che il nuovo sindaco, chiunque esso sia, mantenga le promesse fatte in campagna elettorale, in aprile è stato firmato un protocollo che tenta almeno di scongiurare il peggio: l’accordo impegna Palazzo Marino ad adoperarsi affinché nessuno si ritrovi in mezzo a una strada.
Una volta che lo sfratto diventerà esecutivo – con l’intervento della forza pubblica che deve essere comunicato all’inquilino con 50 giorni di anticipo – negli ultimi venti giorni rimasti il Comune si deve impegnare a trovare una collocazione anche temporanea alla famiglia sfrattata. Poi, una bella passeggiata nella nuova piazza Gae Aulenti non si nega a nessuno.