La gestione dei migranti è una partita fra ministero della difesa, comune e regione. Dopo le tende e il “campo base Expo”, si profila la caserma Montello come soluzione. Tutt’altro che scontata, di nuovo.

Si tratta di una struttura militare che risale al 1913, in fase di dismissione. Una “cittadella” in via Cenisio all’interno della zona residenziale non lontana da Corso Sempione. È però l’oggetto di un’intesa a più soggetti che comporta la permuta con un’altra caserma della polizia in piazza sant’Ambrogio. Nell’arco di due anni l’Università Cattolica dovrebbe ristrutturare la caserma Montello, destinata poi ad ospitare gli agenti che liberano l’altro spazio.

Ieri Carmela Rozza, assessora alla sicurezza, spiegava: «C’è un problema enorme per gli spazi di accoglienza, ma non troviamo collaborazione reale per aiutare Milano in Regione e in altri Comuni. Capisco che cercare di non far arrivare i migranti sia un tema serio da discutere con il governo, ma se poi li abbiamo in stazione Centrale la Regione dovrebbe intervenire. Non si fa campagna elettorale sulla pelle dei cittadini».

Il sindaco Giuseppe Sala ha confermato la sostanza della telefonata con la ministra Roberta Pinotti: «Probabilmente verrà attivata una caserma, che è quello che desideriamo. Può essere una soluzione dignitosa, ho detto che Milano ormai fa fatica, non drammatizzo mai ma serviva un intervento».
Sulla caserma Montello, si è già aperto il dibattito generato: secondo l’Associazione Nazionale delle Voloire, «non si tratta di un’ex caserma ma è quotidianamente utilizzata dai militari.Oltre 350 militari con le loro famiglie stanno facendo di corsa le valigie per lasciare Milano».

Intanto se le frontiere con la Francia e l’Austria restano chiuse, quella svizzera continua ad essere meno ermetica. Chi viene fermato in territorio elvetico può ricevere un braccialetto giallo e fermarsi, oppure un braccialetto blu ed essere riportato in Italia. Così anche Como resta in prima linea con centinaia di migranti in transito. Mentre a Milano si cercano di liberare spazi già esistenti per evitare che le persone restino in strada, a Como un vertice tra prefetto, il sindaco Mario Lucini e l’assessore ai servizi sociali ha stabilito la messa a disposizione di diversi container, per cui il ministero dell’interno ha avviato le procedure. I prefabbricati serviranno ad ospitare – almeno per la notte – le oltre 500 persone bloccate a Como.

Sempre ieri si è svolta una riunione con tutti i consiglieri comunali per coordinare le decisioni raggiunte nel vertice in prefettura, volte a “liberare” la stazione San Giovanni. Caritas e Acli in particolare hanno rilanciato il loro grido d’allarme: in un comunicato stampa si legge che «la solidarietà della città, le molte associazioni coinvolte, i tanti volontari che con grande disponibilità si prodigano nel distribuire cibo, sorrisi e vestiario non sono sufficienti. È bene che il Comune abbia il coordinamento delle iniziative, ma questo va rafforzato con una progettualità capace di operare in una dimensione raccordata, mirata a coinvolgere il maggior numero di associazioni e gruppi disponibili a supportare le azioni istituzionali. Occorrono soprattutto azioni politiche forti e incisive».

Le iniziative solidali, comunque, a si moltiplicano dietro e dentro la rete “Como senza frontiere”. Nella notte sono anche comparse sui muri cittadini diverse scritte in solidarietà a chi è costretto a vivere all’addiaccio in attesa di proseguire il loro viaggio.

Intanto i migranti continuano ad arrivare a Milano come a Como.