«Come le altre riforme di Renzi, anche questa della scuola riforma il comando. Crea la figura di un comandante delegato, che è il dirigente scolastico, il quale risponde a un comandante in capo, che è il capo del governo. Vuole togliere di mezzo contratti e diritti per sostituirli con cadeaux, concessioni e premi. Loro la chiamano democrazia decidente e invece è democrazia corporativa». Il senatore Corradino Mineo è un fiume in piena. Insieme a Roberto Ruta e Walter Tocci non ha votato la fiducia al ddl scuola. Sono gli unici tre del Pd.

L’aspetto peggiore della legge per lei è il potere che attribuisce ai presidi?

Certo. Ma anche l’idea grossolana della valutazione. Che ci vuole, sicuro. Ma per valutare un docente serve uno che sa di pedagogia, uno che sia competente della materia e che abbia affiancato il docente in classe. Invece ci sarà un comitato d’esecuzione formato da altri professori e un rappresentante dei genitori che niente sa del lavoro dell’insegnante e annuserà tutti i ’si dice’ che circolano in giro. Una follia. Così come l’uso dei Gae (Graduatorie a esaurimento, ndr) per rompere il mondo del precariato. Tu prendi i Gae e invece quelli che da tre anni insegnano con due o tre abilitazioni li mandi fuori. Altra follia.

Però dopo il voto lei è andato in piazza ed è stato contestato perché non ha votato no alla fiducia. Si è dato una spiegazione?

Sono andato in piazza, ho parlato con molte persone per bene che volevano capire, che erano arrabbiate, ma è stato bello. Poi c’erano alcuni, due, tre, che mi urlavano. Cose tipiche, ne ho fatte tante di manifestazioni. E sa quando la situazione si è complicata? Quando sono arrivati i sindacalisti: temendo che il clima peggiorasse, mi hanno voluto portare fuori dal corteo. Una fesseria, un’imbecillità. È ovvio che quando si fa così qualcuno si scatena per farsi riprendere dai telefonini e dalle telecamere. Ma è una cosa marginale. La cosa vera è che un pezzo del mondo della scuola lega questa pessima riforma alla responsabilità del Pd. Mi dicevano: non hai votato no perché vuoi restare nel Pd.

È così? Aveva paura di essere cacciato dal Pd?

Ma per carità. Con Tocci ho fatto la battaglia sulla scuola e non ci interessava, oggi, che alla fine risultasse che la facevamo per posizionamento politico o per fare un altro gruppo a sinistra del Pd. Se rompo con il governo lo faccio perché tiro le somme e andiamo a costruire qualcosa di diverso. Non mi interessa dire: c’è Civati, c’è Fassina e c’è Mineo.

Per questo anziché votare no alla fiducia non avete votato?

Abbiamo sfidato Renzi. Ora che farà? Qualsiasi cosa avrà le risposte che merita. Non sono uscito dall’aula per essere accomodante. Noi siamo stati forti e invece il governo è debole perché con un atto di imperio ha fatto la peggiore riforma della scuola di tutti i tempi.

Ma ha intenzione di lasciare il Pd?

Il punto è: se non si costruisce una soggettività sociale e politica che parta dall’offerta generosa di Landini e dal grande movimento della scuola, una classe politica che ha fatto fallimento dentro e fuori dal Pd non potrà costruire niente di positivo. Vuole sapere se voglio fare un partito?

Me lo dica.

Un partito non si fa alzando lo stendardo del più fico del serraglio. Un partito si fa se un ceto politico fallito come questo ha l’umiltà di rimettersi in gioco, si confronta con i movimenti reali, evita la puzza al naso e cerca di costruire soluzioni per il paese. Si parte da cosa proponi per l’Italia e per l’Europa. La questione ’dentro o fuori dal Pd’ nasconde il fatto che l’intera classe politica della sinistra ha fallito. E Renzi è solo l’esecutore fallimentare.

Perché nel Pd siete rimasti in tre a opporvi al ddl scuola?

Non lo chieda a me. Evidentemente il ricatto sulla fiducia ha funzionato su tutti gli altri. Alla fine il merito della legge è interessato a me, a Ruta e a Tocci.

Ora lei che farà?

Darò battaglia a tutto campo. Non ho nessuna paura di andare lontano dal Pd né nessuna intenzione di fare un altro galletto fra i tanti galli che ci sono in giro.

Ce l’ha con quelli che sono già usciti?

Certo. Se passa una linea di ripensamento comune a questa terribile crisi che ha travolto la sinistra, che – ha ragione Podemos – non si può neanche più chiamare sinistra, bene. Ma se non parte questo dibattito siamo tutti sconfitti. Mineo si mette al servizio di questo dibattito, vuole dialogare con i movimenti sociali, la scuola e la coalizione sociale. Per questo sono pronto a mettermi in gioco. Ma per questioni di posizionamento ’dentro o fuori dall Pd’, preferisco andare a casa.