Prende il via oggi l’undicesimo viaggio internazionale di papa Francesco, il primo in Africa, dove il pontefice attraverserà Kenya (25-27 novembre), Uganda (27-28) e Repubblica Centrafricana (29-30).

Negli ultimi giorni, dopo gli attentati di Parigi e la strage di Bamako (Mali), da più parti si erano levate voci perché la trasferta africana fosse rinviata, o perlomeno ridimensionata, per motivi di sicurezza, ma il Vaticano ha confermato l’intero programma. «Dopo gli attentati, il messaggio di pace e riconciliazione del viaggio in Africa non viene modificato, semmai rafforzato», ha spiegato padre Lombardi, direttore della sala stampa della Santa sede. Le uniche incertezze riguardano l’ultima tappa della visita, nella Repubblica Centrafricana – dove la situazione politica è instabile e nelle ultime settimane ci sono stati disordini –, ma pare difficile che Bergoglio ci rinunci, anche perché nella capitale Bangui, domenica pomeriggio, il papa avvierà informalmente il Giubileo della misericordia con l’apertura della «porta santa» della cattedrale. «Non è cambiato niente – ha ribadito Lombardi –: il papa desidera andare in Centrafrica, noi ci orientiamo tutti in questo senso, come ogni persona saggia monitoriamo la situazione e si vede quello che succede. Tuttavia, allo stato attuale noi continuiamo a prevedere di andare in Centrafrica».

A differenza di altri viaggi in cui le ricadute politiche erano più marcate – come quello di settembre a Cuba e negli Stati Uniti –, questa visita ha caratteri prevalentemente pastorali e sociali. Il programma è fitto: tre Paesi da visitare, decine di incontri ed eventi pubblici, 19 discorsi, alcuni molto attesi, come quello che Francesco terrà giovedì a Nairobi, alla sede delle agenzie Onu per l’ambiente e l’habitat. Presumibilmente saranno tre i temi che emergeranno sugli altri: la condanna della guerra e della violenza in nome delle religioni – dopo il «maledetti coloro che fanno le guerre», pronunciato durante l’omelia della messa a Santa Marta giovedì scorso – e il dialogo fra le fedi e il contributo di cristiani e musulmani alla pace; la difesa dell’ambiente; la lotta alla povertà e alle ingiustizie sociali.

Li ha anticipati in un’intervista al Centro televisivo vaticano il cardinal Parolin, segretario di Stato, che accompagnerà il papa nelle prime due tappe del viaggio. La visita, e in particolare l’incontro interreligioso ed ecumenico in Kenya – dove in aprile gli jihadisti di Al-Shabaab hanno ucciso 147 studenti al Garissa University College –, spiega Parolin, sarà l’occasione «per rinnovare l’appello agli appartenenti a tutte le religioni a non usare il nome di Dio per giustificare la violenza» e a rendere le fedi «fattori di riconciliazione, di pace, di fraternità». Poi l’ambiente e la giustizia sociale: nell’intervento all’Onu, spiega Lombardi, «ci si attende un discorso ampio che riprenda i temi della Laudato si’». E sempre in a Nairobi, durante la visita allo slum di Kangemi, «il papa farà un discorso in continuità con quello pronunciato ai movimenti popolari in Bolivia».

Venerdì il trasferimento in Uganda, un «Paese ferito, insanguinato – in 53 anni di indipendenza – da rivolte interne e colpi di Stato che hanno visto sempre chi andava al potere vendicarsi su chi c’era prima», ha spiegato alla Radio Vaticana il vescovo di Lira, monsignor Franzelli. Bergoglio ricorderà soprattutto i martiri cristiani (previste visite ai santuari dei martiri anglicani e cattolici e una messa per tutti i martiri), molti dei quali – secondo il martirologio romano – uccisi per aver rifiutato di «accondiscendere alle turpi richieste del re», ovvero rapporti omosessuali. Un nodo intricato, perché le associazioni Lgbt chiedono che il papa condanni pubblicamente la discriminazione delle persone omosessuali, poiché in Kenya e soprattutto in Uganda l’omosessualità è un reato penale punito anche con l’ergastolo.

«La tua visita apostolica è una grande opportunità per affermare i diritti umani di tutte le persone, soprattutto delle minoranze sessuali e di genere», si legge nella petizione #PopeSpeakOut rilanciata in Italia dall’agenzia Adista. «Contribuisci a fermare la discriminazione, l’odio e la violenza contro le persone Lgbtqi condannando pubblicamente le leggi ingiuste».

Domenica e lunedì la tappa più delicata nella Repubblica Centrafricana, retta da un governo di transizione in attesa che il mese prossimo si svolgano le elezioni presidenziali. Prevista la visita alla moschea di Bangui e, con l’apertura della «porta santa» della cattedrale, l’inizio «ufficioso» del Giubileo, che poi, l’8 dicembre, verrà riaperto a Roma.