Piace a tutti, destra e sinistra. Politically correct, tanto che le polemiche sul contratto monstre firmato per le due serate Rai (si sussurrano oltre 2 milioni di euro, ma in Rai smentiscono…) sono state dimenticate all’istante una volta diramati i dati dell’Auditel: oltre 9 milioni gli ascolti la prima serata, 10.266 mila martedì sera per la seconda e ultima puntata. Roberto Benigni sbaraglia la concorrenza e con i suoi Dieci comandamenti diventa il terzo ascolto Rai del 2014, superato solo dall’esordio di Sanremo e dal calcio di Itaila Uruguay agli (infausti) mondiali del Brasile. Tanto che a viale Mazzini hanno già deciso di replicarlo in prima serata su Rai 5 per il Santo Natale, il 25 e 26 dicembre.

Tre ore e mezza complessive di show che hanno tenuto incollati ai teleschermi un italiano su tre costruiti con una formula che Benigni ha sperimentato nei suoi ormai rituali show per la rete ammiraglia Rai. Un tema importante – che sia Dante sul quale ha dissertato in lungo e in largo in tour teatrali, nelle piazze e su piccolo schermo, o la Costituzione – l’altra serata evento dal titolo La più bella del mondo baciata anch’essa da grandi numeri, quasi 13 milioni di spettatori nel 2012 – sul quale dissertare e e inserire riferimenti evidenti all’attualità.

E quindi incalza sulle vicende della cupola romana: «Sono contento di vedervi qua a piede libero – dice rivolto al pubblico del Palastudio di Cinecittà – con l’aria che tira a Roma, siamo riusciti a trovare gli incensurati». E poi l’affondo, inevitabile, sul settimo comandamento ’non rubare’: «Non rubare? dio ha fatto un comandamento per noi italiani, sembra che l’abbia scritto proprio in italiano, è il comandamento che sentiamo un po’ nostro». Un comandamento poco seguito…: «Non ce ne importa niente. Forse qualcuno pensa che sia formulato male eppure è così semplice. ’Non si capisce bene… è fumoso, direbbe qualcuno. Ma lo capirebbero anche i bambini e infatti in Italia lo capiscono solo i bambini». E ancora: «A volte c’è stima per il ladro, vengono anche applauditi quelli che rubano non si vergognano più, nemmeno se dici ladro, che è infamante. Quando li prendono si vergognano perché si sono fatti beccare e non perché hanno rubato».

E se nella prima parte trova molti agganci con la cronaca, la seconda parte si concentra sui precetti e il ’Benigni pensiero’ si fa, spesso, buonista e carico di ’buon senso’. Per cui «onora il padre e la madre» andrebbe integrato con un ringraziamento sentito ai «nonni fondamento della famiglia». Insomma tutti contenti, soprattutto ai vertici Rai ai quali il comico toscano ha fatto dimenticare il flop fragoroso dello scorso anno con le tredici puntate dedicate alla Divina Commedia (8,5 di share), con Luigi Gubitosi, il direttore generale, a sperticarsi di elogi soprattutto dopo aver visto anche l’ottimo andamento a novembre dei dati sulla raccolta pubblicitaria con un aumento del 7,5 su web, radio e piccolo schermo.

Benigni è piaciuto anche al rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che ha sintetizzato in un tweet: «Diecicomandamenti, ormai le cose serie si ascoltano solo dai comici» e ovviamente in Vaticano che per voce dell’arcivescovo di Firenze fa sapere il gradimento per la «formula» usata: «Quando ha detto ciò che importa non è che dio è, ma che Dio c’è: non l’esistenza la presenza di dio». E augurandosi – una minaccia? – che Benigni possa dedicarsi in futuro anche al: «Nuovo testamento, e quindi ci parli di Gesù».