«Virginia Raggi va rispettata. È la sindaca di Roma. E tuttavia l’avvio della sua giunta è molto negativo. La giudicheremo nel merito, ma se ha firmato davvero un contratto con il direttorio che la inchioda ad una penale di 150 mila euro ha già tradito il patto con i romani. Ma come, con un così largo consenso non ha la forza per governare? Stia attenta a non fare la fine di Alemanno che fu soffocato dalle correnti che lo elessero e poi lo commissariarono». Raggi parte male, per Roberto Morassut, deputato romano del Pd, già assessore ai tempi di Veltroni e sfidante di Giachetti alle ultime primarie.

La fine di Alemanno? Voleva dire la fine di Marino: anche il Pd quanto a correnti non si fa mancare nulla.

È vero. Il Pd a Roma sta sopprimendo la discussione del dopo voto. Le consorterie continuano a occupare lo spazio sempre più piccolo della vita interna mentre migliaia di militanti e di elettori ci abbandonano. La situazione del Pd romano è comatosa. Quello che accade, nel silenzio e nell’indifferenza, è la prova che non c’è più una rete alla quale rendere conto di un terribile colpo politico. O che chieda un rendiconto. Auspico un’iniziativa di militanti liberi che imponga una discussione severa. Un sano e libero ’Occupy Pd’.

Il commissario Orfini ha proposto di sciogliere tutte le correnti. Lei non ci crede?

Io lo dico da anni. Ora lo dice anche lui? Bene. Ma se ne è convinto, avendo cambiato idea, passi ai fatti. Domani convochi i suoi e rompa le righe. Anche perché succedono cose singolari: ho letto che Giachetti lancia una nuova associazione. Ancora? E con quali soldi, visto che queste cose non campano d’aria? Sciogliamo le correnti o ne costruiamo altre? No, serve uno scatto. Riapriamo le porte alla politica. Si convochi un appuntamento aperto a tutti per discutere di Roma e di noi a Roma. Io ci metterò le idee costruite in anni di riflessioni e di confronti e di incontri per discutere su libri senza mai costruire un gruppo, un’organizzazione. La lotta alle correnti va praticata. Altrimenti non si è credibili.

A Roma il voto ha spazzato il Pd e anche il ’vecchio’ centrosinistra. E il dibattito sulle alleanze fa pensare che per battere Grillo guardate anche a destra.

La discussione sulle alleanze e sulla legge elettorale è surreale. Se è vero che M5S potrebbe vincere le elezioni sia con l’Italicum sia con una legge corretta introducendo un premio di coalizione, non capisco di che stiamo parlando. È come discutere se morire affogati o sparati. Le leggi elettorali non si fanno per stabilire prima chi vince le elezioni ma per garantire la stabilità dei governi. Il premio alla lista spinge i partiti ad esercitare una vocazione maggioritaria e ad aggregarsi su progetti di grande respiro. E il nostro problema è se siamo davvero un partito a vocazione maggioritaria.

Renzi dice di sì. Lo siete e forse perdete per questo, come accadde già nel 2008?

Non è così. Non riusciamo ad essere una forza egemonica nonostante il grande potere che esercitiamo perché non abbiamo un anima. Siamo un aggregato di consorterie. Mescoliamo un po’ di populismo e molto correntismo di potere. Nel vuoto della politica, il partito vive soprattutto nei territori e nelle città resta lo spazio solo per i balletti di ceto politico che cerca di sopravvivere. E la gente lo ha capito. Da quanto tempo non promuoviamo una manifestazione o non lanciamo una campagna su temi di fondo della società? Può andare avanti un partito senza stare nella società?

Il Pd deve tornare ’fra la gente’?

Dobbiamo rifondare il partito e rigenerarlo. Fare un “nuovo Pd” perché quello attuale è morto. È un passaggio inevitabile per un grande partito che vuole durare a lungo e segnare la storia. Potrei citare il Congresso di Lione del PCd’I del ’26 in cui Gramsci liberò il partito dall’estremismo di Bordiga. O la svolta di Salerno nel ’44 in cui Togliatti spinse il Pci fuori dai vizi della clandestinità. Insomma bisogna cambiare la nostra costituzione materiale basata su un pluralismo finto, povero, dannoso, antidemocratico, umiliante per le persone.

Sta riproponendo il centralismo democratico oppure l’unanimismo?

Nient’affatto. Propongo di sciogliere tutte le componenti e convocare non un congresso ordinario con le regole attuali, che si riducono ad una conta tra liste per comporre degli organismi. Ma un congresso straordinario, ripeto, di “rifondazione” che metta al centro una visione dell’Italia o diverse visioni dell’Italia. Dobbiamo fondare un pluralismo di idee e di progetti. Questo consentirebbe a Renzi di rivendicare il fatto che le riforme hanno un retroterra storico. Io voterò sì al referendum. Ed ha sbagliato Renzi a personalizzare il voto così come sbaglia a dire che in vent’anni non si è fatto nulla. Intanto non è vero, e poi è suicida spezzettare la nostra storia per rivendicare il proprio ruolo. La sinistra vive di tradizione e di progetto. Renzi sia più generoso con la nostra storia. Ha avuto condizioni che ne Prodi, né D’Alema, né Veltroni ebbero mai: la debolezza politica di Berlusconi.