Si è spenta dopo sette mesi di coma Bobbi Kristina Brown, la figlia di Whitney Houston e Bobby Brown, anche lei come la madre affogata in una vasca da bagno piena d’acqua, nella sua villa di Roswell, in Georgia. Una vita breve e turbolenta, vissuta nell’ombra dei fantasmi della madre e il rapporto turbolento con l’altra star di famiglia, il rapper Bobby Brown. Ma se nel caso di Whitney la morte è da considerarsi un evento accidentale, la soul diva era ubriaca e sotto l’effetto di stupefacenti la notte della tragedia, intorno alla morte della giovane ragazza si addensa più di qualche dubbio.
Anche lei annegata, certo, ma l’incidente presenta ancora molti lati oscuri. Sul corpo della ragazza alcune ferite seppur superficiali, e poi l’allarme dato con forte ritardo del suo compagno – anche se dicono le cronache preferivano definirsi «marito e moglie» – Nick Gordon che in quel momento era in casa con Bobbi e con un loro amico, Max Lomas, uno spacciatore, che la trovò in bagno priva di conoscenza. Entrambi in quelle prime giornate finirono nel registro degli indagati, Gordon perché accusato di essersi appropriato di denaro appartentente a Bobbi mentre lei era ricoverata in ospedale. Di certo ora che la 22enne figlia d’arte è morta dopo mesi di inutile girovagare di nosocomio in nosocomio senza alcun risultato, le indagini ripartiranno. Il caso non è chiuso – anche se il capo della polizia di Roswell, Rusty Grant, mette le mani avanti e dice che «nessuno è ancora stato incriminato».

Di certo dietro la vicenda di Bobbi ci sono molti soldi. L’eredità della madre Whitney che nonostante le folli spese degli anni di tossicodipendenza, non aveva completamente dilapidato un capitale costruito attraverso oltre 100 milioni di dischi venduti, film e tour planetari.

Il suo patrimonio – oltre 20 milioni di dollari – nel 2012 era passato a Bobbi che era stata affiancata – su richiesta testamentaria della voce di I will always love you – dalla zia Pat Houston nominata «co-legal guardian» del testamento.
Ora su quel denaro si daranno battaglie le famiglie della giovane: gli Houston contro Brown (Bobby) accusato – dicono loro – «di essere violento e di esser stato la causa della caduta di Whitney nel precipizio della tosssicodipendenza». Una guerra che si farà ancora più accesa dopo il funerale – che si sussurra sarà faraonico.

Sullo sfondo resta un’altra ordinaria storia di distruzione di affetti di cui abbondano le cronache di Hollywood e dintorni. Creature dallo smisurato talento, come nel caso di Whitney Houston, ma dall’equilibrio fragilissimo. Un’eredità dolorosa da travolgere una figlia, schiacciata dalla figura dei due genitori e costretta a una vita vissuta come un (brutto) reality. Annichilita, forse, dai tentativi – tutti abortiti – di celebrare la figura della madre attraverso dischi e concerti tributo.