Ce la farà Augusto Barbera a diventare il tredicesimo giudice costituzionale? È l’unico dubbio che oggi pomeriggio deve sciogliere il ventottesimo tentativo del parlamento di ristabilire il plenum della Consulta; tentativo che nel complesso fallirà perché è assai improbabile che risultino eletti tutti e tre i giudici mancanti. Barbera mercoledì scorso si è fermato 35 voti sotto il quorum minimo richiesto (571) ed è l’unico che ha qualche timida chance di successo. Se funzionasse l’operazione recupero che nelle ultime ore ha impegnato i dirigenti Pd, ai quali l’ultima volta sono sfuggiti oltre centocinquanta voti di deputati e senatori di maggioranza.
Ma non ci sono segni di ravvedimento rispetto al muro contro muro che l’anno scorso è già costato l’umiliazione a Luciano Violante, condotto dal Pd al massacro di nove votazioni inutili. Renzi non ha utilizzato i sei giorni di riflessione concessi dai presidenti di senato e camera per mettere in dubbio la sua strategia, in base alla quale non si può concedere nulla agli avversari delle riforme del governo. Neanche un posto alla Corte costituzionale dove molto presto potrebbero arrivare i ricorsi contro l’Italicum – dei cittadini o degli stessi parlamentari – e prima o poi anche le richieste di referendum; in prospettiva anche la stessa legge di revisione costituzionale.

Dunque no alla ripresa dei contatti con il Movimento 5 Stelle, a maggior ragione dopo la delusione di scoprire impallinato dall’assemblea grillina, senza neanche passare per il web, anche Barbera. E questo malgrado il candidato 5 stelle, il costituzionalista Franco Modugno, professore emerito a Roma, continui a non dispiacere per niente ai democratici. A Renzi basterebbe accogliere la richiesta grillina e scartare da Barbera (che è inciampato in un’inchiesta in maniera troppo lieve persino per i 5 stelle, ma ha un recente profilo più da avvocato delle riforme renziane che da accademico) per portare a casa con sicurezza due nuovi giudici non ostili, già oggi.
Ma non lo farà perché vuole altro, vuole tenere legato all’accordo Berlusconi, che faticosamente ha unito Forza Italia sul nome di Francesco Paolo Sito. Almeno formalmente, visto che le bande dell’ex caserma del cavaliere si sono date battaglia nel segreto dell’urna, e a Sisto sono mancati 25 voti in più di quelli mancati a Barbera. L’avvocato penalista barese, esperto di sicurezza sul lavoro, ha lungamente parteggiato per la scissione di Raffaele Fitto, con il risultato di poter oggi contare su profonde inimicizie sia tra i berlusconiani ortodossi che tra i frondisti. Non manca nel traballante terzetto il candidato giudice costituzionale nei guai con la giustizia, è l’attuale presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella, indicato dai centristi, che ha scoperto solo una volta tornato alla ribalta dell’informazione di essere ancora indagato per una vecchia vicenda di corruzione a Catania, malgrado il pm abbia chiesto l’archiviazione.
Oggi si prevede un’altra fumata nera. Com’è del resto è sempre accaduto, salvo quando il Pd ha trovato un’intesa con i 5 Stelle, oltre un anno fa. Mattarella minaccia un nuovo monito, Grasso gli scrutini a oltranza. Intanto la Corte sta lavorando con 12 giudici su 15 e un altro giudice eletto dal parlamento non può garantire il pieno servizio. Così l’organo costituzionale è sempre sulla soglia del minimo legale. Un giudice manca da oltre 17 mesi – si avvia a diventare un record – altri due da «soli» nove e tre mesi.