I numeri che aiutano a decifrare un fenomeno di solito non si discutono. In questo caso, di fronte agli oltre 2.000 esseri umani morti nel mediterraneo in poco più di sette mesi, è necessario aggiungere qualche considerazione. Il macabro conteggio, oltre a non scandalizzare l’opinione pubblica, né chi ha la responsabilità di informarla, andrebbe aggiornato di ora in ora visto che quasi non passa giorno senza una nuova tragedia dell’immigrazione. Quindi i morti sono “oltre” 2.000 (ma oltre quanto?), ma solo fino al 4 agosto, perché oggi è già un altro giorno. La maggior parte di queste persone sono annegate nei primi quattro mesi dell’anno, tra gennaio e aprile, proprio quando il governo ha sospeso l’operazione Mare Nostrum. Inoltre non è dato sapere quanti siano i migranti che quest’anno sono scomparsi al largo della Sicilia senza lasciare traccia. Statisticamente, invece, si potrebbero anche abbozzare agghiaccianti previsioni sul saldo finale di morti (censite) nel mar Mediterraneo in questo 2015 che verrà ricordato come uno dei più disastrosi nella storia dell’Unione europea, soprattutto per quanto riguarda la gestione criminale dei fenomeni migratori: alla fine potrebbero essere più di 3 mila, un’ecatombe.

Queste e altre considerazioni suggeriscono i nuovi dati forniti ieri dall’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim). Nello stesso periodo dello scorso anno, per esempio, i decessi in mare fino alla fine di luglio sono stati 1.607, cifra quasi raddoppiata nei cinque mesi successivi. Significa che il peggio, come sempre, anche quest’anno potrebbe arrivare dopo l’estate. “E’ inaccettabile che nel XXI secolo le persone in fuga da conflitti, persecuzioni, miseria e degrado ambientale debbano patire tali terribili esperienze nei loro paesi, per non dire di quello che sopportano durante il viaggio per poi morire alle porte dell’Europa”, ha detto il direttore generale dell’Oim William Lacy Swing.

Quasi tutti i migranti scomparsi hanno perso la vita nel canale di Sicilia, in quel braccio di mare che separa la Libia dall’Italia, il percorso di gran lunga più pericoloso per raggiungere l’Europa. “Nonostante l’Italia e la Grecia siano entrambe interessate da flussi migratori molto significativi (rispettivamente circa 97.000 e 90.500) – si legge nel rapporto Oim – i tassi di mortalità sono molto diversi: sono stati circa 1.930 i migranti morti nel tentativo di arrivare in Italia, mentre sono stati circa 60 i migranti morti sulla rotta verso la Grecia”. Solo nell’ultima settimana, infatti, il mare ha restituito 19 corpi senza vita. 14 salme sono state ripescate in acque internazionali da una nave della marina irlandese e sono arrivate il 29 luglio a Messina (morti di sete e stanchezza); lunedì c’erano cinque morti sulla nave di Medici Senza Frontiere arrivata a Palermo.

Potrebbe andare peggio? Paradossalmente sì. Lo scrive l’Oim riconoscendo la validità del lavoro delle forze navali che ogni giorno salvano vite in mezzo al mare. “Il numero dei decessi è diminuito in maniera significativa negli ultimi mesi e ciò è dovuto in gran parte al potenziamento dell’operazione Triton: il Mediterraneo è ora perlustrato da un maggior numero di imbarcazioni che si possono spingere fino a dove partono le richieste di soccorso”. Sono altre cifre, più consolanti. In questi primi sette mesi dell’anno sono quasi 188 mila i migranti salvati nel Mediterraneo. I principali paesi di origine degli stranieri arrivati in Italia quest’anno sono l’Eritrea, la Nigeria, la Somalia, la Siria, il Gambia e il Sudan. Sono dati sicuramente significativi e non trascurabili che comunque, sottolinea l’Oim, nulla hanno a che fare con la cosiddetta “emergenza” o “invasione” visto che i cittadini europei sono più di 500 milioni (il Libano, che conta una popolazione di 4 milioni di abitanti, ospita 1 milione e mezzo di profughi siriani). Secondo l’Oim, che si augura un rafforzamento delle operazioni di salvataggio, nei prossimi mesi i flussi migratori verso l’Italia sono destinati a crescere, “e la soglia dei 200 mila sarà raggiunta molto presto”. E molto presto – anche questa è una certezza – in assenza di un progetto di accoglienza proseguirà la conta dei morti. “La chiusura non è una risposta – ha detto monsignor Giancarlo Perego, direttore della fondazione Migrantes della Cei – perché la chiusura non farà altro che aumentare queste tragedie, come nell’Eurotunnel della Manica e come abbiamo visto ultimamente nel Mediterraneo.

Fortunatamente non è stato il caso degli ultimi due sbarchi. Ieri, a Messina, sul molo Marconi, una unità militare della Guardia costiera ha messo in salvo 305 migranti (tra cui 38 donne). Sempre ieri, nel porto di Vibo Valentia, è arrivata una nave della marina svedese con 427 migranti provenienti dall’Africa sub sahariana (336 uomini, 83 donne e 8 minori).