Ungherese e calvinista praticante, nata nel 1917 a Debrecen,«capitale» magiara del protestantesimo, Magda Szabó è una latinista mancata, ovvero prestata alla scrittura, una poetessa convertitasi alla prosa, una scrittrice alla quale, nello stesso giorno del 1949, fu attribuito e poi ritirato da zelanti stalinisti il grande premio letterario «Baumgarten» e che nello stesso anno perde l’impiego presso il Ministero della Religione e della Pubblica Istruzione.

Da lì avrà inizio anche il suo silenzio letterario coatto, che durerà fino al 1958, l’anno del processo farsa e della condanna a morte di Imre Nagy, il premier della rivoluzione ungherese del ’56. Magda Szabó non smise mai di scrivere, però, e le opere realizzate in questo periodo saranno pubblicate successivamente. Morta nel 2007 a 90 anni «mentre leggeva», è la scrittrice ungherese più nota e tradotta all’estero, una donna la cui biografia attraversa due secoli. Pluripremiata nel suo Paese e all’estero, già nota e apprezzata in Italia per altri volumi come La porta, Il vecchio pozzo, La notte dell’uccisione del maiale e il libro per bambini Lolò, il principe delle fate, giocosa e rigorosa allo stesso tempo, a 85 anni scrisse quello che è forse il suo romanzo più amato, pubblicato ora nella bella traduzione di Vera Gheno, Per Elisa (Anfora edizioni, pp. 456, euro 18, postfazione Danilo Gheno): progettato come il primo di due volumi «biografici», rimase però unico.
A 73 scrisse invece una anti-Eneide, che definì «la piroetta più frivola della mia carriera di scrittrice», ripubblicato in italiano, sempre per le edizioni Anfora, in una nuova traduzione di Vera Gheno con il titolo Il momento (Creusadie) (pp. 328, euro 17, a cura di Mónika Szilágyi).

Nell’epos virgiliano Creusa, moglie del re dei Frigi in fuga da Troia, che sta per essere presa dai Greci, scompare mentre Enea, coi Penati, il figlio e il vecchio padre sulle spalle, raggiunge il luogo del raduno di tutti i fuggitivi, il tempio di Cerere, fuori dalle mura della città. Solo lì si accorge che la moglie è scomparsa: torna indietro, la cerca come impazzito, ripercorrendo la città in fiamme e gridando il suo nome, finché Creusa non gli appare in forma di spettro, predicendogli il futuro. Nel contro-epos di Magda Szabó, invece, Venere ordina a Enea di liberarsi della moglie, potrà così approdare da vedovo consolabile sulle coste laziali e sposare Lavinia, figlia del re Latino.

Con una «frivola piroetta», tuttavia, Magda Szabó rovescia le carte, e i ruoli: a morire è Enea, ucciso da Creusa mentre sta per immolarla. Creusa diventa Enea, con un passaggio magico-misterioso tipico di epos e mitologia greco-latina, una trasformazione gravida di conseguenze e piena di significati: appare a tutti come Enea, ma Enea non è. Creusa, la ragazza che provava pena per le creature deboli, delicata e sensibile, diventa colei (colui?) che si sposa per adempiere al voto e che sa anche uccidere.

Dopo dieci anni di questa vita e dopo aver ottemperato ai desiderata degli dei, tuttavia, brama solo il ritorno a Troia, lasciare gli operosi popoli frigio e latino a lavorare alla costruzione di un grande presente e di un immenso futuro, e solcare le acque verso un mondo di rovine e di ricordi: «cento anni di fatiche, affanni inizieranno a scomparire, quando poserò il ginocchio sopra la tua nuda polvere». Trova invece una città trasformata in Disneyworld, nella quale i Greci hanno lasciato il posto a «bricconi persiani» e si paga il biglietto per una visita guidata tra le rovine, un pasto caldo anche se la carne è rancida, una prostituta, una bevanda al miele.

Per un attimo, da Pio Enea sembra nuovamente trasformarsi in essere fragile col cuore di donna pieno di sofferenza, pronta ad arrendersi: «non ho vissuto un giorno da essere umano da quando sono partita da qui, non sopporto più né l’esistenza da eroe né quella da divinità».
Eppure Creusa, «che esiste e non esiste» (invitiamo chi legge a cercare di comprenderne il mistero), porterà fino in fondo la sua missione antiepica, senza ritrarsi di fronte a scelte definitive e cruente: «il vecchio troiano non c’è più, è scomparso, non c’è altro là se non lo scheletro e quell’altra persona che difende la riva; di tanto in tanto indossa un’armatura, un elmo, mentre altre volte intreccia a crocchia i capelli biondi, si china su un calderone, prende in mano una brocca, regge un secchio, e grossi cani grigi la seguono in silenzio».

Il momento è un romanzo forte, che scava dentro: attraverso il modello antiepico rappresentato da Enea-Creusa, Magda Szabó racconta e definisce anche il proprio passato, gli anni Quaranta-Cinquanta in cui fu costretta al silenzio, come tanti altri intellettuali e scrittori ungheresi, la politica, l’eroismo e la viltà, la fedeltà e il tradimento, tutto ciò che come donna e scrittrice della sua generazione aveva vissuto a poco più di trent’anni, all’epoca della svolta che impose lo stalinismo più feroce in Ungheria e ciò che ritrovò sulle rovine fumanti di quest’ultimo, attraverso la fase cruenta del post ’56 e del consolidamento kádáriano.
Lo fa utilizzando la cultura greca e latina di cui si era nutrita sin da bambina attraverso i racconti del padre, che invece delle favole le raccontava i miti e l’epos omerico e virgiliano, fino agli studi classici all’università. In Per Elisa, invece, lo spazio «mitologico» è quello del Grande Trauma collettivo della storia ungherese, il Trianon.

Come scrive nella sua postfazione Danilo Gheno, «per un normale lettore italiano (…) il concetto di “Trianon” non richiama nient’altro che un elemento dello spettacolare complesso di Versailles, per qualsiasi ungherese al contrario esso connota tuttora un momento buio delle vicende non troppo remote della sua patria. Fu infatti in un padiglione frapposto ai palazzi del Grande e del Piccolo Trianon che il 4 giugno 1920 venne firmato dai delegati dell’Ungheria sconfitta e dai rappresentanti delle potenze dell’Intesa, vincitrici della Grande guerra, il Trattato di pace – appunto – del Trianon, che letteralmente mutilava l’Ungheria della maggior parte del suo territorio storico».

La Csonka-Magyarország (Ungheria Mutilata) rappresenta il crollo delle illusioni di grandezza in cui si era cullata l’Ungheria di fin-de-siècle, prima inter pares nell’Impero austro-ungarico rispetto alle altre etnie, e la «complicazione che 3.227.000 persone di lingua ungherese si ritrovarono» a vivere «all’estero», a volte a pochi chilometri dalla ex-madrepatria. Ma non ci si aspetti un romanzo intriso di irredentismo; attraverso il Trianon l’alter ego della stessa Magda Szabó (Magdolna, come la chiamano genitori e insegnanti), la piccola Cili (Cecília) si introduce nel romanzo autobiografico, come orfana originaria di Zenta, nell’Ungheria Inferiore (Délvidék, oggi in parte inglobata nella Vojvodina serba) che il Trianon attribuì alla Serbia, che verrà adottata dai genitori di Magda.

Un altro orfano del Trianon, dell’Alta Ungheria però (Kassa, in slovacco Košice) è Adam Textor, studente di medicina di cui Cili si innamora. Romanzo «aperto», dalla narrazione interrotta (che fine farà Cili?), Per Elisa ha una scrittura ricca e complessa, poiché la Szabó vuole rendere per iscritto anche il linguaggio quotidiano, reso con grande maestria nella traduzione italiana di Vera Gheno. Ci si è chiesti se Cili sia vissuta veramente – prima di questo romanzo Szabó non ne parlò mai – o se piuttosto, come lascia capire l’autrice, sia in realtà una parte di sé che viene utilizzata per completare il proprio autoritratto. In tutto ciò, perché proprio il titolo Per Elisa? Come la madre della scrittrice le spiegava: ci sono miliardi di persone al mondo e ognuna di esse ritroverà nella Für Elise beethoveniana un messaggio, un interrogativo, un invito, un senso assolutamente personale, e chissà che non sia questo il segreto, la chiave che apre la porta sul passato incastonato nel quadro del Grande Trauma collettivo storico ungherese del Trianon, la chiave per comprendere un’autobiografia interrotta.

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LE PRIME PRESENTAZIONI

Per festeggiare e annunciare al meglio le nuove edizioni, la casa editrice Anfora ha organizzato due eventi. Il primo è questa sera, alle 19, presso l’Accademia di Ungheria a Roma (via Giulia 1); i romanzi di Magda Szabó, «Per Elisa» e «Il momento», saranno presentati e discussi grazie agli interventi di Géza Tasi (figlio della scrittrice), Vera Gheno (traduttrice) e Cinzia Franchi (docente di lingua e letteratura Ungherese all’università di Padova). Il secondo appuntamento è domani alle 18, sempre a Roma, nella storica Libreria Arion Minerva (piazza Fiume 57).