Dal Concilio di Rouen (1214) le suore vennero istruite per non farsi tentare dal corpo delle sorelle, ma nonostante tutta questa esperienza accumulata nei secoli oggi nessuna legge consente ad una suora di indagare sulle preferenze sessuali di una professoressa precaria per “concederle” il rinnovo del contratto. Tanto più se la madre superiora governa una scuola cattolica paritaria, dunque finanziata dallo stato italiano, che costa 6 mila euro di iscrizione all’anno per alunno. Questo è il vero scandalo. L’istituto è il Sacro Cuore di Trento, la suora con attitudine inquisitrice si chiama Eugenia Libratore e la prof “accusata” di essere lesbica non intende farsi calpestare. Adesso è lei che non vuole più saperne del Sacro Cuore, ma di fatto è come se l’avessero licenziata per i suoi presunti orientamenti sessuali. La ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, incalzata da diversi parlamentari, ha promesso una ispezione annunciando provvedimenti “severissimi”, qualora “emergesse una discriminazione di tipo sessuale”.

Professoressa, veniamo alla domanda sgradevole.

Mercoledì scorso sono stata convocata da suor Eugenia. Pensavo che volesse parlare di didattica per il prossimo anno, come si fa di solito quando si verbalizza il fatto che ci si rivede a settembre. Invece l’ho incontrata in una sala ricevimento di una sezione staccata, un luogo insolito per i professori. Inizialmente si è dilungata facendomi dei complimenti, poi mi ha detto che non era questo l’oggetto della conversazione: voleva che io smentissi o confermassi una “voce”, voleva sapere se io ho una compagna. Mi ha detto che per questo motivo si trovava in difficoltà perché c’era in ballo il mio rinnovo del contratto.

Lei cosa ha risposto?

Le ho detto che è una persona omofoba e intollerante e che quella domanda non è pertinente. L’ho detto a suor Eugenia e lo ripeto. Non voglio focalizzare l’attenzione sulla mia vicenda, voglio che si capisca che ci sono forme di discriminazioni sessiste, razziali ed omofobe che colpiscono tutti i lavoratori. E’ un discorso che vale anche per le giovani donne quando il datore di lavoro le “interroga” sul loro desiderio di maternità. Penso a questa storia come a un insulto all’intelligenza di tutti.

L’istituto Sacro Cuore ha detto che il suo contratto era scaduto e che non c’era intenzione di rinnovarlo, in più ha aggiunto che alcuni genitori si sarebbero lamentati per certi suoi discorsi sulla sessualità.

E questa è la quarta versione. Falsa. Alla fine dell’anno la scuola mi aveva chiesto alcuni documenti relativi alla mia laurea perché potevano servire per nuove lezioni per il prossimo anno scolastico. Con la preside avevo già parlato di didattica, insomma dopo cinque anni niente mi faceva pensare che questa volta non mi volessero rinnovare il contratto. Quanto al resto, non c’è mai stato un caso di lamentela. Suor Eugenia sta mentendo.

I suoi colleghi cosa dicono?

Sono letteralmente disgustati, dopo queste voci calunniose mi hanno telefonato quasi per scusarsi, come se dovessero confermarmi che mai nessuno di loro ha avuto da ridire sul mio comportamento. Sono convinta che anche gli studenti e le famiglie siano indignati per queste menzogne.

Al di là di questo fatto, come si lavora in una scuola privata cattolica? Non sarà la prima volta che avverte un clima bigotto e respingente.

Ho sempre lavorato con entusiasmo e spirito di collaborazione. Ho provato fastidio solo di fronte a certi episodi sgradevoli. Magari la presenza di volantini che suggeriscono direttive di carattere morale, per esempio sui ragazzi effeminati, o la pubblicità ad un libro come Ero gay. A Medjugorje ho ritrovato me stesso, come se l’omosessualità fosse una malattia. Altre volte ho sentito apprezzamenti irrispettosi sull’abbigliamento degli insegnanti. Ecco, in questi casi ho vissuto male la scuola, comprendo la difficoltà di un istituto cattolico ma credo che l’ambiente abbia bisogno di una rinfrescata, questa chiusura la alimentano loro stessi facendo del sesso un chiodo fisso. Come l’ultima accusa che mi rivolgono.

E adesso?

Ho dichiarato che non voglio avere più a che fare con un istituto che discrimina in base all’orientamento sessuale. Vedremo, qualora decidessi di avvalermi di un mio diritto lo farei solo per una questione di principio.