Il discorso di Benyamin Netanyahu davanti all’Assemblea Generale dell’Onu non ha tradito le aspettative. Il premier aveva promesso di rispondere all’accusa di avere tentato, con l’offensiva militare di luglio e agosto, un genocidio a Gaza, rivolta a Israele dal presidente Abu Mazen venerdì scorso sempre all’Onu. E ieri non ha certo usato il fioretto per contrabbattere al leader palestinese che ormai giudica ostile e non un partner per negoziati. Anzi, ora Netanyahu sembra rivolgersi a quella parte di mondo arabo che dietro le quinte ha già rapporti stretti con Israele per arrivare a un ipotetico accordo con i palestinesi. Un avvicinamento tra Israele e Paesi arabi, ha sostenuto, «può aiutare a risolvere il conflitto».

 

Ha difeso l’offensiva “Margine Protettivo” contro Gaza (circa 2.200 palestinesi uccisi, almeno 11mila feriti, migliaia di case distrutte). Per il premier l’esercito israeliano sarebbe il più “morale” al mondo. «Israele ha fatto di tutto per limitare le vittime civili a Gaza, Hamas ha fatto di tutto per aumentarle…Israele ha usato i suoi missili per difendere i propri figli. Hamas ha usato i suoi figli per difendere e suoi razzi», ha detto Netanyahu mostrando la foto di un lanciatore di razzi di Hamas tra i bambini a Gaza. Israele, ha insistito Netanyahu, si è solo difeso e se a Gaza ci sono stati dei civili uccisi la colpa, in ogni caso, è solo dei palestinesi stessi. Poi ha rivolto una pesantissima accusa a una delle istituzioni più prestigiose dell’Onu, il Consiglio per i Diritti Umani. «Ha tradito la sua missione di proteggere gli innocenti», ha affermato il primo ministro, «perchè è diventato il consiglio per i diritti dei terroristi».

 

Se era scontata la replica tagliente di Netanyahu al discorso di Abu Mazen all’Onu, ben più frustrante per i palestinesi è il “no” di Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia alla richiesta fatta dal presidente dell’Anp di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che fissi tempi certi (entro tre anni) per la fine dell’occupazione israeliana sui Territori palestinesi e della nascita (sul terreno) dello Stato di Palestina che già esiste all’Onu come Stato non membro.

 

La delegazione palestinese all’Onu ha incontrato i rappresentanti dei 15 paesi del Consiglio di Sicurezza per sondare il terreno, incassando, pare, l’appoggio di Russia, Cina e Giordania. Gli altri Stati membri avrebbero detto di avere bisogno di più tempo per comunicare la propria posizione. In ogni caso anche se la maggioranza del CdS dovesse schierarsi a favore di una risoluzione sulla proposta palestinese, Washington farebbe uso del suo potere di veto. L’obiettivo più immediato per i palestinesi è quello di ottenere una maggioranza di nove paesi favorevoli. Con quei voti sarebbero in grado di percorrere anche altre strade. A partire dall’adesione alla Corte Penale Internazionale, in modo da richiedere l’incriminazione di Israele per crimini di guerra.