Benyamin Netanyahu ieri è intervenuto per condannare di nuovo il negoziato a Losanna sul programma nucleare iraniano giunto, pare, vicinissimo ad uno storico accordo. Il comandante della milizia iraniana Basij, Mohammad Reza Naghdi, ha servito al premier israeliano un assist favoloso. «L’eliminazione di Israele non è negoziabile», ha detto Naghdi in occasione della festa della Repubblica islamica. Questo messaggio non compare in nessuno dei media ufficiali o semi-ufficiali iraniani. A riferirlo è stato solo il sito ultraconservatore Dolatetedal.com. È la solita aggressività verbale dei comandanti militari iraniani durante le cerimonie ufficiali, espressa però nel giorno “giusto” e il premier israeliano ha preso al volo l’occasione. «Il comandante delle forze rivoluzionarie iraniane ha detto che la distruzione di Israele non è negoziabile. Loro vogliono ancora distruggerci. E con un Paese del genere voi (Paesi del gruppo 5+1, ndr) conducete trattative?». L’Iran, ha aggiunto Netanyahu, «insiste a sviluppare l’uranio e in parallelo continua la sua campagna terroristica di fronte a regimi diversi, in particolare nello Yemen». La comunità internazionale, ha concluso il primo ministro, «deve insistere per un accordo migliore, l’Iran deve cessare la propria aggressività e le minacce di distruggere Israele».

 

È una campagna incessante quella che Netanyahu porta avanti contro l’accordo internazionale con l’Iran. Il fatto che Tehran, sviluppando il suo programma nucleare per scopi civili sia potenzialmente in grado di produrre anche una bomba atomica – l’Iran ha sempre negato di volersi dotare di ordigni nucleari – mette fine all’asimmetria militare esistente in Medio Oriente da decenni. Israele sino ad oggi è stato l’unico Paese della regione a possedere una capacità nucleare militare (peraltro mai dichiarata) che gli ha garantito un dominio strategico. Ma con l’accordo internazionale l’Iran avrà il riconoscimento del suo programma nucleare per scopi civili che da un lato lo mette (fino ad un certo punto) al sicuro da attacchi aerei israeliani contro le sue centrali e dall’altro lo mantiene sulla cosiddetta “soglia atomica”. Una quasi parità strategica che Netanyahu non intende accettare. Il punto centrale è questo. È evidente che l’Iran non potrà lanciare un attacco atomico per distruggere Israele perchè sarebbe a sua volta annientato totalmente in pochi secondi dalla risposta nucleare israeliana e, sicuramente, anche degli Stati Uniti. Sarebbe la distruzione del Medio Oriente, la morte di decine e decine di milioni di persone. Non ci sarebbe un vincitore perchè nessuno resterebbe in vita. E che lo Stato ebraico abbia una capacità di risposta in ogni caso ad un ipotetico attacco atomico da parte di Tehran, lo confermano anche i filmati messi in rete nei giorni scorsi proprio dalle sue Forze Armate. Un video, ad esempio, mostra il suo nuovissimo sommergibile “Tanin”, di fabbricazione tedesca, in grado di lanciare missili nucleari e di rimanere operativo nei pressi del Golfo, a ridosso dalle coste iraniane, per periodi molto più lunghi rispetto ad altri sottomarini della flotta israeliana. Senza dimenticare la sorveglianza costante garantita dai satelliti e direttamente collegata ai missili atomici a lunga gittata in possesso di Israele.

 

Oltre che nella partita che ruota intorno al negoziato di Losanna, Israele è impegnato in altri match diplomatici. A cominciare da quello con i palestinesi. Il ministero degli esteri israeliano ha descritto come un «grave errore» l’accoglimento della Palestina, avvenuto ieri, da parte delle Corte penale internazionale. «Per noi è una giornata storica», ha replicato il negoziatore capo palestinese Saeb Erekat. Intanto Israele ha perduto il suo principale alleato in Africa. Il presidente nigeriano Goodluck Jonathan che aveva stretto le relazioni con Tel Aviv ad ogni livello, è stato sconfitto alle elezioni. Il suo posto sarà preso da Muhammadu Buhari che, pensano in Israele, praticherà una politica estera molto diversa. Lo scorso dicembre Jonathan ordinò al rappresentante nigeriano al Consiglio di Sicurezza dell’Onu di astenersi sulla richiesta di riconoscimento dello Stato di Palestina, determinando la bocciatura per un solo voto della richiesta presentata dai palestinesi.