Il governo israeliano si prepara ad usare il pugno di ferro contro il Bds, le attività dei movimenti e gruppi che promuovono nel mondo il boicottaggio e le sanzioni contro Israele per le sue politiche nei confronti dei palestinesi sotto occupazione. Quello che hanno in mente il premier Netanyahu, i suoi ministri e buona parte della Knesset non è solo una campagna diplomatica. In via di definizione, scrivono i giornali, c’è una controffensiva molto articolata che sarà finanziata con 26 milioni di dollari. E se in passato sono state prese di mira quelle organizzazioni e gli attivisti che all’interno del Paese promuovono il boicottaggio, ora l’attenzione si sposta tutta all’estero, sulle associazioni straniere legate al Bds. Un deputato ieri ha presentato in parlamento un disegno di legge che prevede il divieto d’ingresso in Israele per tutti i cittadini stranieri che saranno segnalati come sostenitori del boicottaggio.

 

Che Netanyahu sia molto determinato lo dimostra la furia con la quale ha attaccato Stephane Richard, l’amministratore delegato del colosso francese della telefonia Orange che qualche giorno fa al Cairo aveva affermato di essere pronto a ritirare «anche domani» la sua compagnia da Israele. Netanyahu ha chiesto una dichiarazione di sostegno al governo francese, giunta subito, e Richard è stato messo nell’angolo. L’ad della Orange subito dopo ha affermato di «amare Israele» e, di fronte al rifiuto dell’ambasciatore dello Stato ebraico a Parigi di riceverlo, ha deciso che nei prossimi giorni arriverà a Tel Aviv per chiarire le affermazioni che aveva fatto al Cairo.

 

Il Bds negli ultimi tempi ha ottenuto diversi successi, come l’adesione dell’Unione degli Studenti Britannici. Ciò ha fatto crescere l’allarme in Israele dove da settimane gran parte della stampa locale riporta con ampio spazio aggiornamenti e commenti sul Bds e su come combatterlo. Diversi esponenti politici, non solo di destra, descrivono il boicottaggio come una campagna “antisemita”, allo scopo di raccogliere consensi, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, non solo dai governi ma anche dall’opinione pubblica. La ministra della giustizia Ayelet Shakek ha definito il Bds «antisemitismo in abiti nuovi». «Se non è politicamente corretto oggi essere antisemiti, è invece molto ‘in’ essere anti Israele», ha commentato. Secondo il premier Netanyahu «Chi boicotta non parla di Giudea e Samaria (Cisgiordania, ndr), ma si riferisce allo Stato di Israele…un tempo la gente era abituata a delegittimare gli ebrei, ora la fa con il nostro Stato». Parlando qualche giorno fa in diretta telefonica ad un ampio raduno anti Bds a Las Vegas, Netanyahu ha avvertito che la «delegittimazione di Israele è una grande sfida per il popolo ebraico e lo Stato ebraico…deve essere combattuta e si è tutti in prima linea…Si tratta del nostro diritto di esistere qui come un popolo libero e del nostro diritto di difenderci». Il ministro degli affari strategici, Gilad Erdan, è stato perciò incaricato di avviare al più presto la controffensiva al Bds ma anche di rispondere alle iniziative avviate dall’Autorità nazionale palestinese in varie sedi internazionali, come la recente richiesta di sospensione di Israele dalla Fifa, ritirata però prima del voto.

 

I promotori del Bds non si lasciano intimidire, fanno sapere che proseguiranno la loro campagna e respingono al mittente l’accusa di antisemitismo, sottolineando che il boicottaggio ha lo scopo di colpire le politiche di occupazione di Israele e sostenere i diritti dei palestinesi. Negli Usa però dovranno fare i conti con un avversario molto potente, Sheldon Adelson. Il magnate americano ha annunciato l’impiego di grandi risorse finanziarie e umane per combattere il Bds e ha messo insieme un coordinamento che coinvolge circa 50 organizzazioni e associazioni, anche cristiane. Il miliardario spiega che l’impegno sarà suddiviso tra tre gruppi: i finanziatori, i militanti che operano sul terreno e le società di ricerca che dovranno dare informazioni sugli attivisti del Bds. La convention anti boicottaggio a Las Vegas inoltre ha puntato l’indice contro gli ebrei americani progressisti che offrono appoggio a coloro che criticano Israele e le sue politiche.