Il “no” alla proposta di tregua formulata da John Kerry girava nell’aria da ore. Poi a sera è giunta la conferma dal governo israeliano che, all’unanimità, ha respinto l’iniziativa del segretario di stato americano. Le stragi continueranno, anche bombardamenti e cannoneggiamenti. Gaza non avrà un attimo di respiro. Per la sua gente sarà amara la festività del Fitr che all’inizio della prossima settimana chiuderà il mese di digiuno del Ramadan islamico. I bambini già duramente colpiti dall’offensiva isareliana, non potranno gioire. La decisione di rigettare, per ora, la proposta di Kerry è legata al fatto che Israele intende restare nella Striscia di Gaza e continuare a distruggere i tunnel di Hamas (e non solo quelli), ha spiegato la tv di Stato israeliana. La tregua proposta dagli Usa era temporanea, solo di una settimana, durante le quale Israele e Hamas comincerebbero a negoziare al Cairo su punti di sicurezza, economici e politici, per un accordo duraturo. Gli Stati Uniti, il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon e l’Unione Europea si farebbero garanti con entrambe le parti che i negoziati riguarderanno temi essenziali: per Israele, il disarmo di Gaza e la distruzione dei tunnel. Per Hamas, la fine del blocco di Gaza e la ricostruzione dei danni che la Striscia ha subito durante le devastanti offensive militari di questi anni. Israele ha detto “no”.

 

«No, non è giusto, siamo stati ingannati. Ci avevano detto che la Croce Rossa aveva raggiunto un accordo con gli israeliani per la nostra evacuazione dalla scuola. E invece tante persone innocenti sono morte, uccise dagli israeliani con la complicità di queste agenzie internazionali che non ci proteggono». Ha tanta rabbia in corpo Musa Hamad. Lui e la sua famiglia giovedì sono scampati per un soffio alla morte. 45 persone tra moglie, figli e nipoti. Sua nuora è rimasta leggermente ferita ma se la caverà nel giro di qualche giorno. Altri sfollati invece sono stati fatti a pezzi dai colpi, con ogni probabilità sparati dai carri armati, che si sono abbattuti all’improvviso sulla scuola di Beit Hanun gestita dall’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che assiste i profughi palestinesi, dove nei giorni scorsi si erano rifugiati circa 1600 civili di tutta la zona, scappati dalle loro case sotto l’urto dell’offensiva di terra israeliana nel nord-est di Gaza.

 

«Da giorni – prosegue Hamad il suo racconto – (i funzionari dell’Unrwa) ci dicevano che in quella scuola non era possibile rimanere oltre, perchè vicina alle linee israeliane. E che non era attrezzata per dare un rifugio a tante persone, per la poca quantità di acqua disponibile». La municipalità di Beit Hanun quindi ha fatto sapere di avere ottenuto, con l’appoggio dell’Onu e della Croce Rossa, dai comandi militari israeliani un corridoio sicuro per evacuare gli sfollati palestinesi e portarli nelle scuole dell’Unrwa di Jabaliya, dove Hamad e tutti gli altri scampati al massacro da ieri si sono aggiunti a molte altre centinaia di famiglie. «Ad un certo punto ci è stato stato detto di preparare le nostre cose e di radunarci nel cortile della scuola – prosegue l’uomo – quando all’improvviso sono arrivati i colpi. In quel momento almeno 7-800 persone erano all’aperto in attesa degli autobus. E’ stato orribile, le esplosioni non erano molto forti ma continue, tra 12 e 15, e hanno ucciso donne e bambini, in buona parte della famiglia Shambeiri». Hamad si è salvato perchè era con la sua famiglia ancora nell’aula che li ha ospitati per giorni, a preparare il bagaglio, quando i colpi hanno centrato il cortile affollato della scuola. «Ho visto un paio di esplosioni e subito dopo gente a terra in una pozza di sangue – ricorda l’uomo -, un anziano aveva la schiena aperta, abbiamo provato a tamponare il sangue ma è morto poco qualche minuto. Non era facile soccorrere i feriti, perchè continuavano a cadere i colpi e la gente scappava in preda al panico».

 

Musa Hamad è sicuro che a sparare siano stati i carri armati israeliani che erano posizionati, più o meno, ad un chilometro o poco più dalla scuola. E così dicono un po’ tutti i testimoni della strage – il bilancio è salito a 17 morti perchè è spirata in ospedale una ragazza ferita gravemente – sottolineando che il quel momento non c’erano combattimenti in corso nei pressi della scuola. Israele da parte sua sostiene che non tutti i colpi sarebbero partiti dalle sue forze armate e ipotizza che i civili siano stati uccisi anche da razzi di Hamas. Tuttavia non sarebbero stati ritrovati resti di questi razzi dal team dell’Unrwa, che includeva un esperto di armamenti, che ha potuto visitare brevemente l’area dell’edificio colpito. Brevemente perchè nonostante il tour di indagine fosse stato coordinato con l’Esercito israeliano, nella zona sono ugualmente caduti diversi colpi di artiglieria che hanno costretto il team delle Nazioni Unite a tornare a Gaza city. Da sottolineare inoltre la secca smentita da parte del portavoce dell’Unrwa, Chris Gunness, delle voci, di parte israeliana, che ipotizzavano come causa dell’attacco dei carri armati, la presenza nella scuola di armi e razzi palestinesi. La vicenda è segnata anche da un giallo. Robert Turner, il direttore dell’Unrwa a Gaza, ieri ha riferito che, nonostante le sollecitazioni, Israele non aveva mai dato il via libera all’evacuazione della scuola richiesta dall’Onu. Non si comprende perciò per quale motivo sia stato detto agli sfollati di prepararsi al trasferimento, facendo peraltro riferimento ad una “intesa” tra Israele e la Croce Rossa.

 

Avere informazioni sulle operazioni militari israeliane nel nord di Gaza, a est di Gaza city e, più a sud di Khan Yunis, è quasi impossibile Sono zone di guerra e avvicinarsi troppo mette a rischio la vita. Anche da una certa distanza però si comprende bene cosa stia accadendo in quei centri abitati fino a pochi giorni fa da decine di migliaia di palestinesi. Ieri sera, quando è scesa l’oscurità, dai tetti dei palazzi più alti di Gaza city si scorgeva il bagliore delle esplosioni, simile ad un enorme incendio verso Est. «Stanno bruciando Beit Hanun, Beit Lahiya e tutto quello che c’è intorno», ha commentato un conoscente palestinese. Una esagerazione ma fino ad un certo punto. E’ evidente il fine dell’esercito israeliano di estendere la “zona cuscinetto” che ha creato dopo il 2009 all’interno di Gaza. E vista l’intensità dei bombardamenti, è plausibile la distruzione delle prime file di case che – a Shujayea, Beit Hanun, Beit Lahiya, Khuzaa, Abasan, Farahen, Rafah – guardano verso le linee di demarcazione con Israele e che, secondo il governo Netanyahu e i comandi militari, nasconderebbero il resto della rete di gallerie sotterranee scavata dal braccio armato di Hamas. Quando le armi taceranno potrebbe emergere una terribile realtà fatta di migliaia di case palestinesi distrutte o danneggiate irreparabilmente. I 160 mila sfollati che occupano le scuole dell’Unrwa, edifici abbandonati o ancora in costruzione in molti casi non avranno più una abitazione dove tornare.

 

Ormai non si riesce più a tenere il conto delle vittime palestinesi. Circa 850 fino a ieri sera, quasi cinquemila i feriti. Anche Israele conta i suoi morti. Ieri tre soldati, che portano a 36 il totale dei militari uccisi in combattimento. Le autorità israeliane hanno proclamato la morte anche di Oron Shaul, il soldato disperso che l’ala militare di Hamas sostiene di aver catturato. E’ un continuo bagno di sangue che il governo Netanyahu non ha voluto fermare e che coinvolgerà sempre di più i bambini. Oxfam ieri sottolineava che sono 170 i bambini finora uccisi e 116 le scuole danneggiate dai bombardamenti nella Striscia di Gaza, gli ospedali sono al collasso e scarseggiano le scorte d’acqua.