Maduro, in Cina chiede aiuto a Ban-Ki-moon. Il presidente venezuelano è in viaggio diplomatico in Vietnam e a Pechino, dove ha firmato 14 accordi di cooperazione che consentiranno di consolidare lo sviluppo delle zone economiche speciali, attive soprattutto negli stati di frontiera. Per l’occasione, Maduro ha incontrato anche il segretario generale dell’Onu. Gli ha chiesto appoggio per affrontare l’arrivo di profughi provenienti dalla Colombia, sempre in aumento. Ad oggi, in Venezuela vivono quasi sei milioni di colombiani, in fuga dalla miseria e dalle persecuzioni. Tutti usufruiscono degli stessi diritti dei venezuelani e dei vasti piani di sostegno decisi dai governi socialisti, prima di Chavez e ora di Maduro. Solo negli ultimi nove anni, ne sono stati accolti 800.000 e ogni giorno il flusso è di 150.000.

Cifre che il governo venezuelano ha sempre gestito senza clamore. Maduro e i paesi che si richiamano al socialismo del XXI secolo, si sono espressi a più riprese per chiedere all’Europa una politica di accoglienza dei migranti, e per denunciare le cause che producono l’esodo delle popolazioni. Per il continente, l’idea è quella della Patria grande, il sogno del Libertador Simon Bolivar.
Maduro ha però spiegato a Ban che nella zona di frontiera con la Colombia, che interessa 2.219 km, «governano i paramilitari, i contrabbandieri e i narcotrafficanti perché il governo colombiano ha abbandonato quelle zone». Il contrabbando di prodotti sussidiati e benzina sta dissanguando l’economia venezuelana. Dopo l’agguato a una pattuglia delle forze armate, compiuto il 19 agosto nello stato di frontiera del Tachira, il governo venezuelano ha decretato lo stato d’eccezione, approvato dal parlamento il 21. Una misura che attualmente è estesa a 10 municipi del Tachira e che potrebbe interessare anche altre regioni di frontiera, dove le mafie si dedicano anche all’estrazione illegale di oro.

Intanto, il confine resta chiuso, e i colombiani in situazione irregolare sono stati accompagnati oltrefrontiera all’interno di un corridoio umanitario. Nel frattempo, il Difesore del popolo, accompagnato da uno stuolo di magistrati e anche dalla rappresentante dell’Acnur in Venezuela, ha ispezionato i luoghi in cui sono state scoperte prigioni sotterranee per rinchiudere le vittime di sequestri, divise paramilitari, armi, esplosivi e una gigantesca casa di appuntamento in cui venivano sfruttate minorenni. Tonnellate di alimenti e prodotti sono stati requisiti in diversi depositi clandestini e distribuiti alla popolazione.

Il Venezuela chiede «una commissione per la verità sotto l’egida della Unasur e soluzioni valide al problema del contrabbando e del paramilitarismo». Unasur, attualmente diretta dal colombiano Ernesto Samper, ha invitato le due parti a riunirsi quanto prima, suggerendo la data del 6. Il neoliberista Manuel Santos sta però facendo fuoco e fiamme e minaccia di denunciare Maduro alla Corte penale internazionale. Gli sfollati dal Venezuela sono attualmente nella cittadina colombiana di Cucuta, dove la popolazione, nella completa assenza dello stato, ha vissuto dei proventi dell’economia sporca. La Colombia ha chiesto all’Organizzazione degli stati americani (Osa) di convocare una riunione urgente per sanzionare il Venezuela, ma è stata battuta ai voti per 18 a 17.
Tuttavia, Santos ha affermato che porterà alla frontiera un gruppo di ambasciatori e di personalità: in questo appoggiato dall’ex presidente colombiano Alvaro Uribe, grande amico dei paramilitari, di cui è stato ministro della Difesa. Uribe ha proposto che il Venezuela venga espulso dal gruppo dei paesi facilitatori del processo di pace, in corso all’Avana con la guerriglia marxista. Un percorso che ha preso avvio grazie alla mediazione di Hugo Chavez. Diversi deputati della sinistra colombiana e organizzazioni popolari hanno appoggiato Maduro, denunciando la «verità capovolta» diffusa dai media.

Il problema dei paramilitari, dispiegati in modo massiccio nel 1999 nell’ambito del Plan Colombia, deciso dagli Usa, è anche un elemento destabilizzante, al servizio dei grandi interessi internazionali. La loro presenza si è vista durante le proteste violente contro Maduro, scoppiate l’anno scorso nello stato Tachira e in altre zone di frontiera. Sui 335 municipi che conta il Venezuela, 68 sono governati dall’opposizione, e il 68,32% si trova alla frontiera con la Colombia.