Sarebbe di almeno 92 morti secondo l’agenzia Afp (di 35 secondo Reuters che cita fonti differenti) e 126 feriti il bilancio provvisorio delle vittime di un doppio attentato a Kano, la più grande città del nord della Nigeria.

Secondo le prime testimonianze, un gruppo di uomini armati avrebbe fatto irruzione nella moschea centrale di Kano, aprendo il fuoco sui fedeli riuniti per la preghiera del venerdì e facendo esplodere 3 bombe. La moschea è adiacente al palazzo dell’emiro di Kano, la seconda più alta autorità islamica della Nigeria (dopo il sultano di Sokoto). Al momento non è ben chiaro se lo stesso emiro, l’ex governatore della banca centrale Lamido Sanusi si trovasse sul luogo dell’attentato o probabilmente in Arabia Saudita.

Figura di spicco, Lamido Sanusi già in passato in qualità di governatore non aveva mancato di lanciare strali contro il governo e di denunciarne la corruzione dilagante. Da emiro, forte della carica ricoperta molto influente in Nigeria (dove sono più di 80 milioni i musulmani, la maggior parte dei quali vive nel nord) non aveva esitato a fare lo stesso. Appena una settimana fa, durante un sermone nella moschea aveva esortato i nigeriani a imbracciare le armi contro il gruppo islamista Boko Haram e criticato l’esercito governativo per la sua incapacità di proteggere i civili.

Nominato emiro a giugno scorso, Sanusi era stato sospeso dal suo incarico presso la banca nel mese di febbraio dal presidente Goodluck Jonathan. Pomo della discordia erano state le accuse di Sanusi contro la società petrolifera statale la Nigeria National Petroleum Corporation (Nnpc) rea di non aver provveduto a versare 20 miliardi di dollari nelle casse federali. Accuse respinte al mittente dalla Nnpc e che presumibilmente gli erano valse, a Sanusi, la sospensione dalla carica di governatore della banca centrale. Benché Jonathan abbia invece negato ogni legame tra le due vicende e continuato ad accusare la banca centrale di irregolarità in materia di appalti durante il mandato di Sanusi. Accuse queste respinte dall’ex governatore.

La dinamica dell’attentato, sebbene non sia ancora giunta alcuna rivendicazione, lascia ricadere i sospetti sugli al-qaedisti dello Jama’atu Ahlis Sunna Lidda’awati wal-Jihad (People Committed to the Propagation of the Prophet’s Teachings and Jihad), più comunemente noti come Boko Haram, che da 5 anni hanno lanciato la più grande sfida alla sicurezza della Nigeria.

Martedì scorso, in uno dei più recenti attacchi, ormai sempre più ravvicinati, due donne kamikaze hanno ucciso 44 persone a Maiduguri, capitale dello stato del Borno. Il giorno prima un commando di miliziani di Boko Haram aveva preso il controllo della città di Damasak, a circa 180 km da Maiduguri. Mentre appena due settimane fa era stata Chibok – il villaggio tristemente noto nel mondo per il sequestro ad aprile scorso di oltre 200 studentesse – a cadere nelle mani dei jihadisti.