Quattro votazioni, Quattro «no» secchi al controllo delle armi ad una settimana appena dalla strage di Orlando. Il congresso degli Stati uniti si conferma ermetico rispetto a qualunque sebbene minima riforma volta a limitare possa l’accesso alle armi da fuoco. Lunedì sono state respinte proposte per estendere i controlli preventivi sugli acquirenti al commercio fra privati, sulla restrizione delle vendite a soggetti «a rischio», sulla restrizione della vendita di armi da guerra, gli «assault rifles» come l’Ar15, il micidiale fucile semiautomatico in dotazione all’esercito che viene regolarmente imbracciato dagli autori delle stragi che sono diventate una vera e propria piaga americana.

Neanche l’ultimo «mass shooting» – il peggiore della pur martoriata storia del paese – è servito a convincere i parlamentari repubblicani a cambiare il proprio voto. Il blocco Gop ha posto compatto il proprio veto ad ognuna delle proposte motivandolo con la solita inviolabilità del secondo emendamento, la postilla alla costituzione scritta nel 1791 allo scopo di favorire la rapida costituzione di milizie civili a difesa della giovane rivoluzione. Da allora il sacrosanto diritto al porto d’armi è diventato vessillo insindacabile della destra conservatrice e del partito che ne esprime le preferenze.

Malgrado i sondaggi rilevino che alla luce delle stragi quasi quotidiane (331 incidenti con quattro o più morti/feriti da armi da fuoco nel 2015; 24 solo questo giugno) gli americani favoriscano ormai norme più severe per 55%-42%, la potente lobby della National Rifle Association mantiene una pressione costante sui politici. Dal 1996 in seguito al cosiddetto Dickey amendment è stata vietata perfino la ricerca epidemiologica sul fenomeno perché denunciata dalla Nra come uno «stratagemma per violare i diritti dei cittadini».

Una situazione che durante tutta la sua amministrazione ha esasperato Obama. Il presidente si è ripetutamente speso a favore di norme più severe, soprattutto dopo il massacro di Newtown nel 2012 costato la vita ad una scolaresca delle elementari in Connecticut. Ancora poco prima della sparatoria di Orlando Obama denunciava una situazione paradossale. «Non ci è nemmeno consentito studiare il problema come abbiamo fatto con gli incidenti d’auto. Analizzando scientificamente i dati e le cause in quel caso abbiamo potuto istituire normative su viabilità, air bag e cinture di sicurezza che hanno salvato centinaia di migliaia di vite.

Nel caso delle armi invece veniamo subito tacciati di tirannia». Solo giungere alla votazione di questa settimana è stato possibile unicamente dopo la protesta del senatore Chris Murphy del Connecticut che la scorsa settimana ha tenuto la parola per 15 ore. Non è la prima volta che disegni di legge falliscono dopo stragi; lo stesso era avvenuto all’indomani del massacri di Newtown in cui vennero assassinati 20 bambini; le sparatorie di Columbine, Aurora e per ultimo San Bernardino avevano avuto lo stesso esito col risultato che l’accesso anche alle armi da fuoco più temibili rimane aperto ad ogni americano e per aggirare quelle poche regole che esistono occorre semplicemente accendere il computer e digitare armslist.com, un supermercato virtuale dove si può acquistare ogni genere di arma. La conseguente saturazione di armi da fuoco (nell’ordine di centinaia di milioni di unità) è tale che l’acquisto può anche non essere necessario.

È quello che si è detto Michael Steven Sandford, il ventenne cittadino britannico che l’altro ieri ha pensato di impadronirsi di una pistola d’ordinanza dalla fondina di un poliziotto di Las Vegas all’interno di un comizio di Donald Trump. Bloccato dalla polizia ha dichiarato di avere avuto intenzione di assassinare il candidato. Sandford verrà processato per direttissima il 5 luglio. Il «quasi attentato» non è stata la notizia peggiore per Trump in una settimana decisamente negativa. Mentre è aumentato nei sondaggi il distacco che lo separa da Hillary Clinton, si è rivelato ancora più ampio quello fra i rispettivi finanziamenti. Mentre Hillary dispone ad oggi di 42 milioni di dollari, il «miliardario» ne avrebbe solo 1,3 milioni.