Porsi delle sfide (da non deludere, a costo della dignità): Non comprare più nulla, assolutamente nulla, per un mese. Lasciare (e lasciarsi) andare. Leggere libri trascurati. Rivedere i film del cuore: non i più belli stilisticamente ma quelli più amati, per un attore che ha quel certo non so che, una battuta clamorosa usata come proclama personale, un finale indimenticabile.
Provare a trascurare gli egoismi e, in cambio, sorridere a tutti i passanti che si incontrano, non si sa mai.

 

 

Avere visioni. Ma non tramite funghi allucinogeni, Lsd o altro stupefacente di nuova generazione di cui non si ha conoscenza: solo avere visioni da cui trovare ispirazione per i comportamenti, per le decisioni, per le indecisioni cronicizzate. Accarezzare qualcuno o qualcosa di morbido e condiscendente fino a stancarsi i muscoli di braccia e dita.
Ridere, ballare, amare in ordine sparso. Riconoscere la bellezza quando c’e, non temerla, farla propria.

 

 

Non avere paura della propria paura, giocarci come fosse un cucciolo, prenderla in giro per poi coccolarla, dandole il credito che si merita.
Non leccarsi le ferite, ma suturarle col ghiaccio termico della volontà. Assumersi le colpe ma non per vanto, quanto per irresponsabilità.
Volare nell’arcobaleno, trovare la pentola di monete d’oro, spargerle a pioggia nel cielo e ovunque cadano, seminarle come bulbi d’infanzia.

 

 

Non mentire, in primo luogo a se stessi. Non fingersi mandarini quando si è semplicemente mele. Mangiare pantomime e trasformarle in piantagioni di colori primari. Non ascoltare nessuno ascoltando tutto.
Non disperdere energia nella negatività reazionaria circolante nell’aria: nebulizzare essenze di parità, gioia, fortuna, piacere. Sostenere imprese fallimentari, più sono e meglio è. Solleticare l’idea di vincere le proprie idiosincrasie procurandosi un mazzo di carte truccato. Depotenziare la cattiveria gratuita ricevuta e ancora da ricevere rimandandola al mittente con una rosa sopra.
Ricamare con fili di tutti i colori un intero quaderno a righe con la parola più trita, retorica, abusata e inutile di tutte: amore. Spogliarsi e stare nudi al freddo: tempra, mette di buon umore, corrobora da malattie, fisiche e mentali.
Non curarsi di ragionare per alcune ore di seguito, meglio se per qualche giorno. Non smettere di sorridere con gli occhi, anche se si sente il pizzicore tipico dell’incedere di liquido nel canale lacrimale: continuando a sorridere non potrà che battere in ritirata.

 

 

Lavarsi, sciacquarsi, fare abluzioni varie, a varie temperature, in varie parti del corpo, possibilmente tutte: l’acqua porta tutte le risposte, anche le più ovvie, quelle che erano già sotto gli occhi ma si nascondevano tra le ciglia.
Suonare a caso, senza averne cognizione, qualsiasi strumento musicale si abbia a portata, possibilmente malissimo. Disegnare irregolarità asimmetriche fino a formare un fertile caos primigenio.
Desiderare con ottemperanza. Sfide poste. Dignità integra. Vita onesta.
fabianasargentini@alice.it