Dopo Danimarca e Ungheria, adesso anche l’Italia prova a convincere i migranti a non venire in Europa. Una campagna fatta di messaggi radiofonici e video da trasmettere sul web e nelle televisioni dei paesi di origine dei migranti è stata lanciata ieri da Dipartimento immigrazione e diritti civili del Viminale in collaborazione con l’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni.

L’obiettivo è quello di far comprendere a chi si prepara a lasciare la propria casa i rischi che il viaggio verso l’Europa comporta. E questo attraverso le testimonianze di un’ottantina di migranti che raccontano le violenze subite e i rischi per la propria vita incontrati durante la traversata. Un messaggio riassunto nel titolo della campagna, «Aware Migrants», rivolto soprattutto ai giovani tra i 18 e i 35 anni provenienti dall’Africa occidentale e orientale, spesso inconsapevoli, secondo il Viminale, di cosa li attende. Nei primi mesi del 2016, ha detto il ministro degli Interni Angelino Alfano presentando l’iniziativa, «quasi tremila migranti hanno perso la vita in mare nel tentativo di raggiungere le coste europee». «Vogliamo provare a buttare una bottiglia in mare perché arrivi all’altra sponda. Il sogno di un mondo migliore non deve trasformarsi in un incubo», ha proseguito il titolare del Viminale per il quale «non possiamo accogliere tutti, ma solo chi scappa da guerre e persecuzioni. Piuttosto che rimpatriare gli irregolari, meglio non farli partire».

Funzionerà? Dopo gli arrivi massicci del 2015, anche i governi danese e ungherese lanciarono campagne di informazione per dissuadere i migranti dal venire in Europa. Va detto che il tono utilizzato nei messaggi era notevolmente diverso: mentre oggi il Viminale pone l’accento sui rischi del viaggio, quelle che Budapest e Copenhagen inviarono ai profughi siriani assomigliavano più a minacce. Nelle inserzioni pubblicate sui giornali libanesi si ricordava infatti come sia vietato entrare illegalmente in Ungheria e i tagli decisi dal governo danese ai sussidi per i profughi. Più che la campagna di dissuasione, a fermare gli arrivi ci hanno pensato in seguito la chiusura della rotta balcanica e l’accordo siglato dall’Ue con la Turchia.

Quelle che portano in Italia sono invece rotte che partono dall’Africa e che nulla hanno a che vedere con i profughi siriani. Non a caso Alfano ha ricordato come sia fortemente diminuito il numero di richieste di asilo accolte. «Il trend si è modificato dal 2014 a oggi – ha detto il ministro – Due anni fa era prevalente la percentuale dei migranti meritevoli di forme di tutela, mentre nel 2015 il rapporto si è invertito e, tendenzialmente, il 60% delle domande ha un rigetto da parte delle commissioni e il 40% è meritevole di tutela».

Con il migration compact l’Italia ha proposto all’Europa di siglare una serie di accordi con i paesi africani che accetteranno di controllare le partenze e riprendere i migranti espulsi dall’Europa in cambio di investimenti per lo sviluppo. Idea accolta da Bruxelles, anche se ha ridotto il numero di Stati con i quali avviare le trattative, ma sostanzialmente rimasta finora senza un seguito. «Sto avvisando tutti i colleghi europei – ha concluso Alfano – che se l’Europa non mette tutto il suo peso politico per convincere gli Stati africani a riprendersi i loro migranti irregolari, rischia il collasso».