«Oggi ci sentiamo meno soli e meno clandestini, la nostra città ci ha riconosciuto per quello che siamo».

Al di là dei vissuti e delle emozioni personali, è questa la convinzione delle 16 coppie omosessuali che ieri mattina in Campidoglio si sono viste trascrivere, direttamente dal sindaco, nel registro dello stato civile, il matrimonio che avevano celebrato all’estero in anni precedenti.
Non si tratta ancora del registro delle unioni civili – la delibera che lo istituisce potrebbe arrivare nell’aula consiliare già nelle prossime settimane – ma, tecnicamente, di un’estensione dello stato di famiglia. Un atto simbolico quindi, che non ha valore giuridico, ma un forte significato politico: perché l’amministrazione capitolina riconosce questi cittadini come coppia e perché pungola Parlamento e governo a varare una legge nazionale che regoli le unioni fra persone omosessuali.

Che da questo punto di vista l’atto sia significativo lo dimostrano più di tutto i tentativi della destra di bloccarlo e di delegittimarlo.
«Marino firma autografi», reagisce sul suo profilo facebook il ministro degli Interni Alfano che qualche giorno fa aveva rilanciato il divieto ai sindaci, totalmente ignorato, di procedere alle trascrizioni e invitato i prefetti, con una circolare, ad annullarle qualora fossero state effettuate. «Il sindaco Marino ha firmato trascrizioni per nozze gay – prosegue il titolare del Viminale –. Ribadisco: per l’attuale legge italiana, ciò non è possibile. La firma di Marino non può sostituire la legge e non ha dunque alcun valore giuridico. In pratica, il sindaco Marino ha fatto il proprio autografo a queste, peraltro rispettabilissime, coppie».

E a giorni potrebbe arrivare l’annullamento da parte del prefetto Pecoraro, che ha intimato al sindaco di «cancellare le trascrizioni, altrimenti provvederò ad annullarle». Severe anche le scomuniche della Cei e del Vicariato di Roma: la trascrizione dei matrimoni delle coppie omosessuali celebrati all’estero – afferma la nota della diocesi di Roma – è «una scelta ideologica, che certifica un affronto istituzionale senza precedenti» fondato su una «mistificazione sostenuta a livello mediatico e politico».

Protestano in quattro gatti

La cronaca della giornata comincia presto. Alle nove del mattino il Campidoglio è blindato. Militia Christi e altri movimenti cattolici integralisti avevano annunciato manifestazioni di protesta, ma non si fanno nemmeno vedere. In piazza Venezia creano un po’ di caos al traffico alcuni militanti del Nuovo centro destra con le loro bandierine e cartelli con l’articolo 29 della Costituzione. Sotto il Marco Aurelio a cavallo, qualche altro contestatore. Alla fine, messi tutti insieme, saranno poco più dei proverbiali quattro gatti.

Una giovane donna francese, in piazza del Campidoglio per partecipare a un matrimonio civile di alcuni amici, si informa sulla presenza della polizia che blocca gli ingressi. Quando apprende il motivo, resta sorpresa: «Ma come, in Italia non c’è una legge per le unioni omosessuali?», chiede. Arriva Francesco D’Ausilio, capogruppo Pd in Comune: «Quello di oggi è un gesto politico dell’amministrazione per dare concretezza alle battaglie sui diritti civili. Nessun atto burocratico potrà fermare il cambiamento, già in atto, e impedire il diritto di tutte e tutti a costruire un proprio progetto familiare. Chi ancora dice no è fuori dal tempo».

La sala della Protomoteca è gremita: ci sono parenti e amici delle 16 coppie, «famiglie arcobaleno» con i loro bambini, attivisti dei movimenti lgbt, cronisti e telecamere di mezzo mondo. L’atmosfera è di festa. Alle 11 arriva Marino, accompagnato dal vicesindaco Nieri e dall’assessora alle pari opportunità Cattoi e accolto dall’applauso dei presenti. «Oggi per molti di voi, per me, per l’amministrazione è un giorno speciale. Ma dobbiamo fare ancora tanta strada perché diventi in giorno normale», dice il sindaco nel suo breve saluto. «Trascrivere i vostri matrimoni nel registro dello stato civile di Roma è un atto importante per la vita di tante e tanti, ma nel futuro noi vorremmo non limitarci a trascrivere un diritto, ma a scriverlo».

Poi si comincia. «Le signore Grassadonia e Terrasi sono pregate di accomodarsi. Avete contratto matrimonio nel 2009 a Barcellona…», legge Marino, e così per 16 coppie, 11 formate da due uomini – ma c’è anche una trans – e 5 da due donne, tutte sposate (in Canada, Usa, Spagna, Portogallo…), molte con neonati e bambini piccoli.

Una poesia di Neruda

Dopo la trascrizione, durante la foto di rito, qualcuno esulta, altri sollevano l’atto come un trofeo, in segno di vittoria. Alla fine il sindaco legge una poesia di Neruda: «Se saprai starmi vicino, e potremo essere diversi… Allora sarà amore e non sarà stato vano aspettarsi tanto». Fuori, in piazza del Campidoglio, tenuti a distanza da un cordone di polizia, una quarantina di contestatori. Gridano «Vergogna», «Buffoni». «La vostra cultura e contro natura», «Marino Famigliofobico», «La famiglia non è una trascrizione» si legge su striscioni ricavati dal retro di vecchi manifesti di Teodoro Buontempo. Ci sono esponenti del “Comitato della famiglia” che dicono di opporsi alla «disgregazione della famiglia». «L’unica famiglia che esiste è quella tradizionale», aggiunge Daniele Pinti, consigliere di Forza Italia al VI municipio. «L’ennesima buffonata del sindaco che avrà 24 ore di gloria ma lunedì questo atto sarà annullato», aggiunge Giordano Tredicine, vice-coordinatore regionale di Forza Italia. E Luca Gramazio, capogruppo in Regione di Forza Italia, accusa il sindaco di «voler nascondere i danni della sua amministrazione con questa buffonata e di prendere in giro sia la famiglia tradizionale sia le coppie omosessuali perché l’atto sarà cancellato dal prefetto».

Dall’alto della scalinata della chiesa dell’Ara Coeli un gruppetto di attivisti lgbt grida «fascisti, andate a casa, andate a fare la calzetta». Suggerimento accolto: poco dopo i contestatori del sindaco ripiegano gli striscioni e se ne vanno, fra ali di turisti che finalmente possono salire in Campidoglio.