Ci si aspettava qualche parola forte sui diritti umani, è arrivata la fine dell’embargo statunitense sulla vendita di armi del Vietnam. Obama, giunto ieri ad Hanoi – terzo presidente americano dopo Bill Clinton e di George W. Bush a recarsi in Vietnam dalla fine della guerra nel 1975 – sancisce dunque un’altra «normalizzazione» dopo Iran e Cuba.

Accanto al presidente vietnamita Tran Dai Quang, Obama ha affermato che la revoca dell’embargo fa parte di una maggiore cooperazione con il Vietnam nel campo della difesa, sottolineando che questa decisione non avrebbe lo scopo di «contrastare la crescente influenza cinese nella regione», ma al contrario, ha detto Obama, la decisione rientrerebbe nel desiderio di normalizzare le relazioni tra Stati uniti e Vietnam e «cancellare un divieto basato su una divisione ideologica tra i nostri due Paesi». La Cina – dal canto suo – ha accolto con favore il ripristino di «rapporti normali e amichevoli» tra Usa e Vietnam, escludendo allarmi e isterie per la revoca dell’embargo sulle armi annunciato dal presidente americano Barack Obama. È un «normale sviluppo» delle relazioni bilaterali, ha detto la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino Hua Chunying.

«Come vicini del Vietnam, diamo il benvenuto alle normali e mutue relazioni tra Vietnam e altri paesi. Certamente – ha aggiunto Hua -, speriamo che questi sviluppi dei rapporti bilaterali contribuiscano alla pace e alla stabilità regionale». La rimozione dell’embargo sulle armi potrebbe aumentare le tensioni nel mar Cinese meridionale visto che Cina e Vietnam (e non solo loro) si contendono alcune isole in quella zona di mare; secondo non pochi analisti infatti la decisione di Obama è arrivata dietro un invito specifico del governo vietnamita, interessato a difendersi dalla «prepotenza» cinese nell’area. Pechino dal canto suo legge la vicenda con tranquillità, puntando su legami storici tra il partito comunista vietnamita e quello cinese, benché il sentimento di gran parte della popolazione del Vietnam non sia propriamente positivo nei confronti del vicino cinese.

Nei giorni scorsi il Quotidiano del Popolo, il giornale ufficiale del Pcc, scriveva che «il Vietnam non diventerà un altro alleato degli Stati uniti, come le Filippine. Anche se Pechino è un importante avversario per Hanoi nelle dispute territoriali del mar cinese meridionale, è anche considerata dall’elite tradizionale di Hanoi come un pilastro politico per la stabilità del Vietnam. La legittimità del partito deriva principalmente dalla stabilità a lungo termine e dalla prosperità della Cina, un paese socialista. Il Vietnam attribuirà la stessa importanza per i suoi legami sia con Pechino sia con Washington. La dirigenza vietnamita spera di massimizzare i propri interessi, ma è ben consapevole che deve essere molto scrupolosa». Alleati e vicini di casa, «avvertiti».

Il viaggio di Obama ha portato altre novità di natura economica: dopo l’annuncio dell’eliminazione dell’embargo sulla vendita di armi (il Vietnam è l’ottavo acquirente mondiale), l’unica compagnia privata del Paese, VietJet, ha chiuso un favorevole contratto da 11,3 miliardi di dollari per l’acquisto di 100 aerei prodotti da Boeing.
L’accordo prevede la consegna di velivoli tra il 2019 e il 2023 quando la flotta disporrà di 200 aerei. La compagnia low cost vietnamita è nata nel 2011 e sta cercando di espandersi in un mercato che negli ultimi tre anni è cresciuto del 20% all’anno. VietJet entro la fine del 2016 dovrebbe superare la compagnia aerea di stato, Vietnam Airlines.