Hanno vinto, gli studenti che da due settimane occupano il liceo Virgilio di Roma: una delle scuole più grandi e prestigiose della capitale con 1.500 allievi di vari indirizzi (classico, scientifico, linguistico e internazionale) e circa 500 dipendenti, tra professori e personale non didattico.

Prima ancora che le loro richieste, condensate in 13 punti, siano accolte, hanno vinto perché sono riusciti a proseguire la loro occupazione fino ad oggi facendo slalom tra mille invettive, diffamazioni e minacce.

La prima, la più insidiosa, veniva dalla preside Irene Baldriga che con loro ha intavolato un vero e proprio braccio di ferro, anche a mezzo stampa, accusandoli di mettere a repentaglio non solo la didattica, ma la democrazia e la sicurezza. L’allarme terrorismo per lei avrebbe dovuto farli soprassedere dall’occupare l’edificio di via Giulia, non distante dal Vaticano e dall’ambasciata di Francia. «Siete degli irresponsabili», è stato l’epiteto più gentile. Li accusava anche di essere una minoranza che decideva per tutti, sostanzialmente solo un gruppetto di violenti nascosti dai passamontagna per disattivare le telecamere e farsi consegnare le chiavi.

In sostanziale accordo con la preside, la presidente del consiglio d’istituto Chiara Matteucci è arrivata ad ipotizzare un fantomatico reato di occupazione scolastica e si è rivolta, con una lettera aperta, direttamente al presidente della Repubblica Sergio Mattarella perché esigesse a suo nome uno sgombero con la forza pubblica, augurandosi solo che non fosse troppo violento. Evidentemente- pur essendo una insegnante precaria – ignora che non è nella disponibilità del capo dello Stato ordinare l’intervento della polizia, a meno che non abbia voluto suggerire implicitamente una dichiarazione di stato di guerra.

In più, con l’apertura della porta santa per il Giubileo, due giorni fa, è in effetti entrato in vigore un protocollo firmato dalla direzione regionale scolastica e dal prefetto di Roma Franco Gabrielli di proibizione delle occupazioni.

Virgilio_Occ

In questo clima ostile, con i genitori spaccati in due fazioni, una favorevole allo sgombero (una quarantina di esposti per interruzione di pubblico servizio contro gli studenti occupanti depositati al commissariato di zona) e una che invece accusava la preside di non aver mai avuto un reale dialogo con loro (unica istanza accolta in tre anni: un torneo di scacchi), i ragazzi sono andati avanti a organizzare seminari su temi di attualità, cene sociali con i genitori e i professori progressisti, feste ed eventi.

Due grandi graffiti campeggiano ora nel grande cortile interno, fatti da giovani street artist romani: uno ritrae una porta con una scritta latina del poeta latino Virgilio – Parcere subiectis et debellare superbos, cioè risparmiare i sottomessi ed abbattere i superbi – insieme al disegno di una lupa capitolina dalle molte mammelle che potrebbe illustrare un libro su Mafia capitale. L’altro ritrae la testa di un corteo con una frase di Antonio Gramsci: Vivo, sono partigiano, odio chi non parteggia, odio gli indifferenti. Più una scritta arabescata: Virgilio antifascista. Tra le richieste degli studenti, presentate ieri in un lungo incontro con il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone, c’è anche la salvaguardia di questi murales.

Un momento dell'occupazione del liceo Virgilio, che perdura da 13 giorni, Roma, 9 dicembre 2015

Il sottosegretario si è dimostrato molto disponibile alle richieste dei ragazzi, che ha giudicato tutte più che ammissibili. Ma soprattutto ha dato loro una legittimità. Siete un’avanguardia – pare abbia detto – anche io ho occupato la mia scuola, è stata una esperienza per me formativa. Riconoscendo di essersi avocato un ruolo di mediazione perché la preside non poteva più svolgerlo essendosi ritagliata quello di diretta controparte con l’evocazione dello sgombero forzato.

Alla conferenza stampa organizzata nel cortile del Virgilio dopo l’incontro al ministero due dei leader dell’occupazione – Aaron Vinci, Uds, e Iacopo Gasparetti, rappresentante d’istituto – hanno spiegato che la protesta in realtà era partita dalla contestazione proprio della riforma del governo Renzi, il decreto 107 che dovrebbe diventare applicativo a giugno e noto come la Buona scuola. Su questo argomento il sottosegretario non ha voluto intavolare un confronto, almeno in quella sede. Ma dai racconti dei ragazzi è proprio il clima della Buona Scuola che ha creato l’ingorgo democratico.

«Inizialmente – ha detto Aaron Vinci – avevamo cercato un contatto con i docenti e con il personale Ata per una protesta comune contro il decreto 107 ed eravamo pronti anche a fare un passo indietro rispetto alla decisione di occupare se ci avessero preso in considerazione. Poi, non ricevendo risposta, abbiamo scelto la forma di lotta che la nostra generazione reputa la più efficace: occupare uno spazio pubblico, la nostra scuola». Il primo dei 13 punti è poi la richiesta di restituzione dell’auletta autogestita «dove poter continuare momenti di auto-formazione e di discussione» che la preside ha tolto agli studenti appena insediata giudicandola un territorio incontrollabile e di parte.

Tra le richieste interne,ciò che ha interrotto in modo netto ogni forma anche di tentativo di dialogo con la dirigenza scolastica è stata quella di togliere la telecamera di controllo che inquadra il cortile, «e di fatto lo taglia in due». Un occhio elettronico che i rappresentanti degli studenti moderati, che sono lungamente intervenuti alla conferenza stampa-assemblea, hanno difeso, prendendo in tutto le parti della preside.

Strumentalizzata dai media romani, invece, la proposta degli occupanti di aprire l’accesso al bar interno un quarto d’ora prima della campanella d’ingresso. «Hanno detto che siamo rivoluzionari ma alla fine vogliamo solo le brioche, che siamo una scuola di figli di papà, di ricchi. Veramente siamo romani e vorremmo cornetti – ha risposto Gasperetti – e anche se siamo una scuola del centro non siamo tutti ricchi, il bar aperto prima evita la calca e i ritardi e permette di fare colazione a quelli che magari vengono da quartieri lontani, come Palmarola o addirittura da Fiumicino».

Per oggi il sottosegretario Faraone si è impegnato a convocare attorno a un tavolo studenti, rappresentanti del consiglio d’istituto, preside, vicepreside, e l’assessore alla cultura del I municipio Figà Talamanca. Se in quella sede gli occupanti avranno delle risposte, e soprattutto la garanzia di non essere puniti dal consiglio disciplinare in mano alla preside, l’occupazione più lunga e contrastata della storia recente dei licei romani finirà oggi stesso, senza alcuna manganellata.

Con le aule dove i ragazzi si sono accampati, già in corso di ripulitura e tinteggiamento.