Alexander Zakharchenko, leader dei ribelli di Donetsk ha comunicato che le forze dei filorussi, avrebbero cominciato un’offensiva per riguadagnare la città di Mariupol, un importante snodo per la strategia più generale del conflitto. Le azioni dei ribelli, però, avrebbero provocato un numero di morti piuttosto alto, mentre scriviamo sarebbero almeno 30 le vittime, tra missili e attacchi contro un mercato.

Secondo quanto comunicato dai ribelli stessi, le prime milizie dei separatisti sarebbero già entrate stabilmente nella città, ma non ci sono conferme ufficiali. L’azione dei separatisti dimostra la gravità dell’attuale guerra in corso in Ucraina: dopo i massacri compiuti dall’esercito regolare di Kiev e dai battaglioni neonazisti ucraini, ecco le risposte delle milizie dei filorussi (aiutati secondo Kiev da soldati russi, sebbene non sia mai stata «provata» la loro presenza).

Una guerra che prosegue, che non si ferma e che continua a produrre morti civili. La decisione dei filorussi di effettuare questa nuova offensiva, inoltre, dimostra la difficoltà di porre fine a questo conflitto, condannato a diventare «ghiacciato», ovvero potenzialmente infinito. Questa attuale situazione infatti, se si eccettua la popolazione ucraina, conviene a tutti.

Conviene al presidente ucraino Petro Poroshenko, che può far dimenticare agli ucraini la necessità di riforme, nonché il fatto di essere un oligarca che ha sostituito un altro oligarca (Yanukovich, costretto a fuggire). Giusto ieri Poroshenko ha fatto fuori il capo dell’operazione a est, (denominata anti-terrorismo) confermando così una difficoltà a sistemare gli uomini giusti nelle posizioni rilevanti.

La guerra conviene ai battaglioni di Kiev (alcuni dei quali considerati criminali di guerra dai rapporti di Amnesty) che approfittano della situazione per portare avanti la propria agenda: campi di training, commercio di armi e attività di stampo mafioso in giro per il paese.

Conviene ai tanti clan del Donbass, che pur non essendo dichiaratamente neonazisti, si comportano alla stregua di bande delinquenziali, soffocando qualsiasi tentativo di politicizzare a sinistra la lotta contro «il golpe di Kiev», disinteressandosi a un qualsivoglia progetto politico e portando avanti le proprie forme di controllo territoriale, che a quanto abbiamo appreso nei mesi scorsi, potrebbero anche prevedere la pena di morte.

Conviene a Putin, perché questo «frozen conflict» permette alla Russia di evitare che Kiev prenda decisioni repentine, in una situazione di guerra ancora aperta (come ad esempio un’adesione alla Ue o alla Nato).

Conviene infine a Obama e agli Usa, perché in questo modo la Russia rimane isolata e potenzialmente all’angolo, grazie alle sanzioni (e alla guerra petrolifera in atto).

In tutto questo non può mancare l’Ue, la cui posizione è talmente irrilevante da non dover essere neanche catalogata. E a proposito di Mariupol, la scontata «ferma condanna» è arrivata dall’alto rappresentante della politica estera Ue Federica Mogherini.